La principale imposta che grava sui professionisti è l'Irpef ovvero l'imposta sul reddito delle persone fisiche. A cui si aggiungono l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, e l'Iva, l'Imposta sul valore aggiunto.
L'apertura di una partita Iva non è affatto un'operazione da affrontare a quel leggero. O meglio, quando si decide di avviare un'attività autonoma occorre tenere conto anche delle tasse da pagare. Che, come vedremo in questo articolo, sono più di una. Approfondiamo meglio questo aspetto:
La principale imposta che grava sui professionisti è l'Irpef ovvero l'imposta sul reddito delle persone fisiche. Anche nel caso dei lavoratori con partita Iva siamo davanti a una imposta progressiva ovvero che aumenta sulla base della crescita di ricavi e guadagni. Lo schema applicato è il seguente:
La seconda è l'Irap, l'imposta regionale sulle attività produttive, rispetto a cui le singolo Regioni hanno il potere di diminuire l'aliquota base del 3,9%. L'Irap viene calcolata sui compensi percepiti al netto dei costi detratti e dell'ammortamento di beni materiali o immateriali.
Ecco poi l'Iva, l'Imposta sul valore aggiunto del 22%, che - a differenza delle altre imposte - non è progressiva ma si applica indipendentemente dal fatturato.
Le partite Iva con regime ordinario conservano la facoltà di detrarre quasi tutte le spese sostenute per l'esercizio della propria attività. Pensiamo ai familiari a carico, ma anche alle fatture mediche, al mutuo e all'affitto della sede di lavoro. Non ci sono invece costi da affrontare né per l'apertura e né per la chiusura della partita Iva da parte dei professionisti.
Possono attivare una partita Iva con regime ordinario le persone fisiche che esercitano attività commerciali, le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società di fatto esercenti attività commerciali, le società di armamento le imprese individuali e società di persone che hanno optato per il regime ordinario.
Ma sono obbligate a farlo società ed enti commerciali soggetti ad Ires. Per le società di capitali e altri enti che svolgono attività commerciale, la contabilità ordinaria è obbligatoria al di là dal volume di ricavi. Medesimo obbligo per le imprese individuali e società di persone che hanno conseguito, nel periodo d’imposta precedente ricavi superiori a 400.000 euro se esercitano attività di servizi; 700.000 euro se esercitano altre attività.
Non si tratta di tasse da affrontare, ma di spese da sostenere che, in base alla complessità della situazione, possono anche essere molto elevate. Sono quelle che determinano l'onorario del commercialista. Il lavoratore con partita Iva ordinaria deve infatti tenere tutta la contabilità su cui, essendo alle prese con la professione, non riesce necessariamente a dedicare tutta l'attenzione necessaria.
L'inventario è ad esempio obbligatorio per chi esercita attività di impresa in regime di contabilità ordinaria con la partita Iva. Ed è permesso tenere libri giornali sezionali per la stessa azienda se le operazioni vengano poi riassunte su un libro giornale riepilogativo. I registri Iva possono considerarsi libri sezionali in relazione agli acquisti e alle fatture emesse. Ecco quindi il libro giornale, disciplinato anche dal Codice civile, che riporta cronologicamente le operazioni relative all’esercizio di impresa.
La tenuta della contabilità ordinaria della partita Iva comporta infatti la registrazione delle operazioni economiche e delle movimentazioni finanziarie. Il metodo utilizzato per la registrazione contabile è quello della partita doppia. Dopodiché rientrano tra i registri obbligatori ai fini Iva il registro delle fatture di acquisto, il registro delle fatture emesse, il registro dei beni ammortizzabili.
Soggetti che svolgono attività commerciali società ordinaria società in accomandita Le partite IVA possono essere attivate anche con regime normale.
Concetti chiave