Il divario retributivo tra le diverse posizioni professionali rappresenta da sempre un tema di grande interesse nel panorama economico italiano. Quando si confrontano le buste paga di un dirigente aziendale con quelle di un operaio, emerge immediatamente una considerevole differenza che riflette non solo la diversità delle mansioni assegnate, ma anche il differente grado di responsabilità e competenze richieste.
Secondo i dati più recenti, lo stipendio medio di un dirigente in Italia si attesta intorno ai 103.418 euro lordi annui, mentre quello di un operaio è di circa 25.522 euro. Questo significa che un manager guadagna mediamente 4 volte più di un operaio, una forbice significativa ma non così estrema come in altri contesti internazionali.
Le differenze retributive non riguardano solo dirigenti e operai, ma interessano tutte le categorie professionali. I quadri percepiscono mediamente 55.632 euro annui, mentre gli impiegati si attestano sui 32.174 euro. Considerando gli stipendi netti mensili su 13 mensilità, un operaio guadagna mediamente 1.524 euro, un impiegato 1.818 euro, un quadro 2.668 euro e un dirigente 4.473 euro.
Queste differenze riflettono una struttura gerarchica del mercato del lavoro italiano dove il livello di istruzione, le competenze specifiche e le responsabilità decisionali giocano un ruolo fondamentale nella determinazione delle retribuzioni.
Il divario retributivo tra top manager e operai non è un fenomeno esclusivamente italiano, ma si riscontra a livello internazionale con intensità diverse. Negli Stati Uniti, dove dal 2018 è obbligatorio per le aziende quotate rendere noto il pay gap, la situazione appare ancora più estrema.
Secondo l'America Federation of Labor, nel 2020 la retribuzione media degli amministratori delegati delle aziende quotate allo S&P 500 è stata 299 volte superiore a quella mediana dei lavoratori. In alcuni casi eclatanti, come quello di Kevin Clark (CEO di Aptiv PLC), il divario ha raggiunto livelli astronomici: con 31,2 milioni di dollari, ha guadagnato 5.294 volte lo stipendio mediano dei suoi dipendenti.
In Europa, secondo i dati più recenti, il reddito da lavoro medio annuo in Italia è pari a circa 34.736 euro, un valore inferiore rispetto alla media OCSE di 45.217 euro. Lo stipendio medio annuo per i dipendenti a tempo pieno nell'UE si attesta intorno ai 33.500 euro.
Tra gli Stati membri dell'UE, lo stipendio medio annuo più alto si registra in Lussemburgo (72.200 euro), seguito da Danimarca (63.300 euro) e Irlanda (50.300 euro). I valori più bassi si trovano invece in Bulgaria (10.300 euro), Ungheria (12.600 euro) e Romania (13.000 euro).
Il gap retributivo tra manager e operai ha subito un'evoluzione significativa nel corso degli anni. Come riferimento storico, Adriano Olivetti, una delle figure più illuminate del capitalismo italiano, sosteneva che "nessun dirigente, neppure il più alto in grado, deve guadagnare più di 10 volte l'ammontare del salario più basso".
Durante il boom economico italiano, questa proporzione veniva generalmente rispettata. Vittorio Valletta, allora amministratore delegato della Fiat, percepiva circa 12 volte il salario di un operaio metalmeccanico. Era un'epoca in cui la redistribuzione dei redditi veniva considerata un fattore chiave per il progresso economico del paese.
Nel 1980, il rapporto tra gli emolumenti dei top manager e i salari base era di circa 45 a 1, già in aumento rispetto alla metà del '900 quando il rapporto era di 4 a 1. La situazione è cambiata drasticamente con la forte finanziarizzazione dell'economia occidentale, che ha portato a un epocale cambiamento culturale nella gestione delle retribuzioni.
Verso il 2025, il divario continua a rappresentare una sfida per l'equità economica nel paese, con importanti implicazioni per la mobilità sociale e la distribuzione della ricchezza.
Diversi elementi contribuiscono a determinare le differenze retributive nel mercato del lavoro italiano:
Il dibattito sulla riduzione del divario retributivo è sempre più acceso, con diverse proposte avanzate da economisti e organizzazioni internazionali. Tra le soluzioni possibili vi sono:
Esistono già esempi virtuosi di aziende che hanno adottato politiche retributive più equilibrate. In Banca Etica, ad esempio, il rapporto tra lo stipendio più basso e quello più alto è al massimo di sei volte, una proporzione molto più vicina a quella auspicata da Adriano Olivetti.