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Repechage sul lavoro, perchè è importante conoscere che cos'è questo obbligo del datore di lavoro verso i dipendenti?

Il repechage è un obbligo per il datore di lavoro in caso di licenziamento. Cos'è, come funziona, limiti e conseguenze per chi non lo rispetta, con esempi concreti e dettagli normativi

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
Repechage sul lavoro, perchè è important

Il repechage rappresenta un principio fondamentale nel diritto del lavoro italiano, strettamente legato al licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Questo concetto impone al datore di lavoro di valutare ogni possibile alternativa alla cessazione del rapporto, ricollocando il dipendente in altre mansioni compatibili all'interno della stessa azienda.

Funzionamento del repechage

Il repechage è un principio giurisprudenziale derivato dall’interpretazione della legge 15 luglio 1966, n. 604, che disciplina il licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Esso impone al datore di lavoro di dimostrare che il licenziamento è dovuto a reali motivi economici, riorganizzativi o di produzione e di verificare la possibilità di impiegare il lavoratore in altre posizioni disponibili prima di procedere al licenziamento.

La sua applicazione è strettamente legata all’art. 2103 del Codice Civile, che regola il diritto del dipendente a essere impiegato in mansioni equivalenti o, in casi eccezionali, inferiori. Inoltre, il principio di correttezza e buona fede nel rapporto di lavoro rafforza l'obbligo di repechage, imponendo al datore di lavoro di adottare tutte le soluzioni possibili per evitare il licenziamento

Ambito di applicazione del repechage

Il repechage si applica esclusivamente nei casi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo e riguarda tutti i settori lavorativi in cui il datore di lavoro intende cessare un rapporto senza motivo disciplinare. Questo obbligo è valido sia per i contratti a tempo indeterminato che per alcuni contratti a termine, se il rapporto si fonda su una continuità professionale.

Rientrano nell’applicazione del repechage:

  • Lavoratori subordinati: il principio si applica indipendentemente dal livello di inquadramento, coinvolgendo operai, impiegati e dirigenti.
  • Imprese di ogni dimensione: anche se l’applicazione delle tutele varia, il repechage si estende a tutte le aziende, senza distinzioni dimensionali.
  • Settori privati e pubblici: nei contratti privati sono i contratti collettivi a regolamentare il repechage, nel pubblico impiego vale in conformità alle norme della legge n. 604/1966.
  • Realtà con più sedi: il datore è tenuto a verificare la ricollocazione anche in unità produttive diverse, se compatibile con l'incarico.

Non rientrano nell’applicazione del repechage i licenziamenti disciplinari, quelli derivanti da cessazione dell’attività aziendale senza continuità operativa e i rapporti di lavoro autonomo o parasubordinato.

Il lavoratore non può pretendere la ricollocazione in mansioni differenti dalle competenze acquisite. Il datore, invece, ha l’onere di dimostrare l’infattibilità della ricollocazione prima di procedere con il recesso contrattuale.

Obblighi del datore di lavoro

Il datore di lavoro, prima di procedere con un licenziamento, ha l’obbligo di valutare ogni possibile alternativa di ricollocamento per il dipendente all'interno dell'azienda. Questo significa che deve verificare la disponibilità di altre posizioni, anche con mansioni inferiori, a condizione che siano compatibili con le competenze del lavoratore.

Gli obblighi specifici includono:

  • Verifica delle posizioni disponibili: il datore deve dimostrare che in azienda non vi siano ruoli liberi compatibili con il profilo professionale del lavoratore.
  • Rispetto del principio di buona fede: la ricerca non deve essere fittizia, ma condotta in modo serio e documentabile.
  • Proposta di eventuali mansioni inferiori: se non esistono ruoli equivalenti, si può offrire un incarico diverso, purché non lesivo della dignità del lavoratore (art. 18 Statuto dei Lavoratori).
  • Prova del repechage: spetta al datore dimostrare di aver assolto l'obbligo di ricerca e riqualifica del dipendente.

Tale obbligo non richiede la creazione di nuove posizioni ma solo l’utilizzo di ruoli già disponibili in azienda. La responsabilità di questa verifica grava interamente sul datore di lavoro.

Limiti all'obbligo di repechage

Il repechage non è un obbligo assoluto per il datore di lavoro, ma è soggetto a diversi limiti definiti dalla normativa e dalla giurisprudenza. In particolare, l’azienda non è tenuta a:

  • Creare nuove posizioni: il repechage si applica solo se esistono posti vacanti già previsti nell'organico aziendale, senza bisogno di modificare la struttura organizzativa.
  • Offrire mansioni non compatibili: se il lavoratore non possiede le competenze necessarie per le posizioni disponibili, il datore non ha l’obbligo di formarlo per adattarlo a nuovi incarichi.
  • Ricollocare in altre aziende del gruppo: salvo specifiche disposizioni contrattuali o aziendali, il repechage si riferisce esclusivamente all’azienda di appartenenza.
  • Proporre impieghi eccessivamente peggiori: l’obbligo di repechage non può andare contro la dignità del lavoratore.

Infine, il datore deve solo valutare le posizioni disponibili al momento del licenziamento, senza essere obbligato a considerare eventuali aperture future.

Il lavoratore  d'altro canto, non ha un obbligo di collaborazione attiva nel processo di repechage, ma ha comunque un ruolo rilevante. Se il datore di lavoro individua una possibile ricollocazione e propone una mansione compatibile, il dipendente può accettare o rifiutare l’incarico. Non può essere obbligato ad accettare un demansionamento che comprometta le sue competenze professionali. Rimane ferma la necessità che l’azienda dimostri, con elementi oggettivi, l’impossibilità di una ricollocazione adeguata.

Conseguenze del mancato rispetto dell'obbligo di repechage

Il mancato rispetto dell’obbligo di repechage può determinare l’illegittimità del licenziamento, con conseguenze rilevanti per il datore di lavoro. In questi casi, il lavoratore può richiedere la reintegrazione o un risarcimento economico, a seconda della normativa applicabile.

Le possibili conseguenze per il datore includono:

  • Reintegrazione del lavoratore: in base all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, se il licenziamento è dichiarato illegittimo, il giudice può ordinare la reintegrazione con il pagamento degli stipendi arretrati.
  • Risarcimento del danno: per i lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, si applica l’art. 3 del D.lgs. 23/2015, che prevede un’indennità risarcitoria fino a 36 mensilità.
  • Invalidità del licenziamento: La Cassazione ha chiarito che la violazione del repechage può portare all’annullamento del licenziamento, rendendolo inefficace.
  • Obbligo di motivazione: il datore deve fornire prove concrete che giustifichino l’impossibilità di ricollocamento per evitare sanzioni.

Se il datore assume un nuovo lavoratore per le stesse mansioni dopo il licenziamento, il giudice può considerarlo elemento di prova della violazione del repechage, giustificando la richiesta di reintegro o risarcimento.

Esempi concreti di repechage

Esempio 1: riorganizzazione aziendale in un ufficio amministrativo

Un'azienda decide di eliminare una specifica funzione amministrativa per ridurre i costi. Prima di licenziare il dipendente interessato, il datore di lavoro verifica se ci siano altre posizioni disponibili, come un ruolo nel reparto contabile o nelle risorse umane, per cui il dipendente abbia le competenze necessarie. Se trova una posizione adatta, deve proporla prima di procedere con il licenziamento.

Esempio 2: Crisi economica in un’industria manifatturiera

Un'azienda di produzione deve ridurre il personale a causa di un calo delle vendite. Un operaio specializzato in una determinata macchina viene individuato come esubero. Il datore di lavoro verifica se lo stesso operaio possa essere ricollocato in un'altra linea di produzione o formato per operare su macchinari simili prima di confermare il licenziamento.