Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è dovuto a fatti o eventi di natura organizzativa o economica che incidono sulla realtà aziendale e determina la necessità da parte del datore di risolvere il rapporto di lavoro. Tuttavia deve dimostrare l'impossibilità di assumere il dipendente in altre mansioni, anche inferiori. Si tratta del repêchage ovvero il cosiddetto dovere di ricollocamento.
Se il lavoro è la madre di tutte i problemi ma anche di tutte le soddisfazioni, si capisce perché il legislatore italiano abbia adottato tutte le cautele del caso prima di consegnare carta bianca al datore di lavoro in tema di licenziamento.
Si tratta infatti del provvedimento più estremo, quello in grado di spostare gli equilibri economici, sociali e e perfino esistenziali di una persona. Qui entra in gioco l'istituto del repêchage nei licenziamenti aziendali ovvero del ricollocamento del lavoratore.
Ma prima di capire di cosa si si tratta è bene non perdere di vista la normativa generale sul licenziamento, secondo cui ciascuno dei contraenti ovvero dipendente e datore può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità.
In mancanza di preavviso - precisa in maniera cristallina il Codice civile - il recedente è tenuto verso l'altra parte a una indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. La stessa è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro. Vediamo allora meglio
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo è dovuto a fatti o eventi di natura organizzativa o economica che incidono sulla realtà aziendale e determina la necessità da parte del datore di risolvere il rapporto di lavoro.
Tuttavia deve dimostrare l'impossibilità di assumere il dipendente in altre mansioni, anche inferiori. Si tratta del repêchage ovvero il cosiddetto dovere di ricollocamento.
Nel quadro del licenziamento per motivi economici segnaliamo quindi una importante pronuncia che riguarda l'introduzione di nuovi limiti al dovere di ricollocamento da parte del datore di lavoro in caso di progresso tecnologico aziendale e obsolescenza delle competenze del dipendente.
Con una importante sentenza la Corte di Cassazione individua un nuovo limite all'obbligo di repêchage del datore di lavoro. Se le posizioni aperte dell'azienda richiedo no una competenza tecnologica diversa da quella acquisita dal dipendente in esubero, non ha diritto alla ricollocazione.
Nel caso analizzato dal Tribunale, dopo il licenziamento il datore di lavoro aveva assunto dei nuovi tecnici specializzati, senza tener conto dell'esperienza del precedente dipendente e delle possibilità di utilizzarlo per quelle mansioni, anche se inferiori.
La Suprema Corte ha ritenuto provata dal datore di lavoro l'impossibilità di ricollocare il dipendente nelle mansioni di tecnici specializzati, in quanto la tecnologia da lui utilizzata e conosciuta per le sue precedenti esperienze lavorative era obsoleta rispetto alle nuove.
Nella prospettiva della Corte, il dovere di repêchage postula chiaramente che le capacità lavorative del lavoratore debbano essere utilmente impiegabili in posizioni lavorative alternative eventualmente assegnategli.
Per questo motivo, il dovere di ricollocamento non si applica quando le competenze e l'esperienza professionale del dipendente non sono compatibili con la diversa posizione lavorativa aperta in azienda.
A proposito di licenziamenti in azienda, vale la pena ricordare il secondo principio generale in materia fissato dal Codice civile per disporre del significato completo.
Ciascuno dei contraenti - datore e dipendente - può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.