Chi ha diritto alle legge 104 secondo le ultime interessanti sentenze Cassazione

Ecco alcune delle pronunce più interessanti dei giudici della Corte di Cassazione su chi ha diritto alla legge 104.

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
Chi ha diritto alle legge 104 secondo le

Nonostante i quasi 30 anni di esistenza della legge 104, sono ancora numerose le questioni irrisolte. La dimostrazione arriva dai tanti ricorsi che investono la Corte di Cassazione. Più volte negli ultimi anni i giudici sono stati chiamati a pronunciare la parola definitive sulle controversie tra cittadini ed enti ovvero datori di lavoro e amministrazioni sul diritto ad accedere ai benefici previsti con la legge 104.

L'elenco è infatti molto lungo e non comprende solamente quelle legati al mondo del lavoro, di cui i permessi sono lo strumento principale. Pensiamo anche alle agevolazioni legati all'acquisto di strumentazioni informatiche, se non quelle legate al mondo del lavoro. E poi ci sono naturalmente le agevolazioni del mondo sanitario. Non ci resta allora che approfondire:

  • Legge 104, chi ha diritto secondo la Cassazione

  • Altre sentenze della Cassazione sulla legge 104

Legge 104, chi ha diritto secondo la Cassazione

A proposito di chi ha diritto alla legge 104 ovvero a tutte le facilitazioni fiscali e non che porta con sé, secondo la sezione Lavoro della Corte di Cassazione, in tema di diritto del genitore o del familiare lavoratore, che assiste con continuità un portatore di handicap, di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il proprio consenso, grava sulla parte datoriale l'onere di provare la sussistenza di ragioni organizzative, tecniche e produttive che impediscono l'accoglimento delle relative richieste.

Non si tratta della sola decisione su cui gli Ermellini si sono espressi per fare chiarezza sui diritti in base alla "legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate".

In precedenza i giudici avevano rimarcato che la legge 104 non obbliga il lavoratore che assiste una persona con handicap in situazioni di gravità a scegliere la sede che appaia più conveniente per l'assolvimento dei compiti di assistenza, ma gli attribuisce solo il diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e di non essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede.

Ma anche che il diritto del caregiver familiare a scegliere la sede di lavoro più vicina al domicilio del congiunto disabile può essere esercitato sia all'atto dell'assunzione, mediante la scelta della sede in cui viene svolta l'attività lavorativa, sia nel corso del rapporto, con una domanda di trasferimento, ove ciò sia possibile e purché sussistano i requisiti oggettivi e soggettivi.

La ratio della disposizione in oggetto è quella di agevolare coloro che si occupano dell'assistenza di un proprio parente non più autosufficiente, con il presupposto che il ruolo delle famiglie è fondamentale nella cura. Di conseguenza considera irrilevante se tale esigenza di assistenza sia sorta nel corso del rapporto di lavoro o sia presente già all’instaurazione dello stesso, poiché la necessità di sostegno al congiunto disabile può essere fatta valere in ogni momento dal lavoratore.

Altre sentenze della Cassazione sulla legge 104

Ricordando che secondo la legge 104 è persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione, un'altra interessante sentenza della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione riconosce il permesso al lavoratore in ragione dell'assistenza al disabile, rispetto alla quale l'assenza dal lavoro deve porsi in relazione causale diretta, senza che il dato testuale e la ratio della norma ne consentano l'utilizzo in funzione compensativa delle energie impiegate dal dipendente per la detta assistenza.

Ne consegue - spiegano gli Ermellini - che il comportamento del dipendente che si avvalga di tale beneficio per attendere a esigenze diverse integra l'abuso del diritto e viola i principi di correttezza e buona fede, sia nei confronti del datore di lavoro che dell’Ente assicurativo, con rilevanza anche ai fini disciplinari.