I tre elementi chiave che dovrebbero essere presenti prima di procedere con il licenziamento per giusta causa sono il trattamento paritario per tutto il personale, la gestione adeguata di eventuali atti di cattiva condotta da parte del dipendente; e la documentazione completa. Proprio quest'ultimo è un aspetto da non sottovalutare poiché l'azienda deve avere in mano prove concrete a sostegno della decisione di allontanare il dipendente.
Sebbene il licenziamento per giusta causa necessiti di condizioni molto stringenti da soddisfare, in alcune circostanze è la risposta più appropriata.
E in effetti, al di là di quanto previsto nei vari contratti collettivi nazionali di lavoro (terziario e servizi, edilizia e legno, alimentari, credito e assicurazioni, tessili, trasporti, meccanici, agricoltura e allevamento, enti e istituzioni private, chimica, poligrafici e spettacolo, marittimi, enti pubblici), alcune disposizioni sono comuni a tutti.
Le norme sull'occupazione e sul lavoro non sono sempre semplici perché si sovrappongono nel tempo e le fonti sono numerose. Tuttavia, sia per il dipendente e sia per il datore di lavoro è indispensabile la comprensione dei diritti e doveri. Analizziamoli da vicino:
I tre elementi chiave che dovrebbero essere presenti prima di procedere con il licenziamento per giusta causa sono il trattamento paritario per tutto il personale, la gestione adeguata di eventuali atti di cattiva condotta da parte del dipendente; e la documentazione completa.
Proprio quest'ultimo è un aspetto da non sottovalutare poiché l'azienda deve avere in mano prove concrete a sostegno della decisione di allontanare il dipendente. Quest'ultimo dovrebbe essere consapevole del fatto che la giusta causa di licenziamento non è facile da dimostrare per un datore di lavoro.
Chi viene licenziato per giusta causa tende quando sempre a opporsi e a sfidarlo perché ha molto da guadagnare e poco da perdere. Se il datore di lavoro non può dimostrare che la sua decisione è stata una risposta ragionevole, avrà diritto a ricevere le facilitazioni che gli spettano per legge.
Per dimostrare l'esistenza di una giusta causa alla base del licenziamento del lavoratore non si può quindi prescindere da alcuni elementi. In particolare il grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, l'intensità dell'elemento intenzionale, le precedenti modalità di attuazione del rapporto, il danno arrecato al datore di lavoro, la natura e la tipologia del rapporto.
Su queste basi, il licenziamento per giusta causa può scattare per rifiuto ingiustificato a prendere servizio in caso di trasferimento in un altro reparto, diffamazione dell'azienda, rifiuto di riprendere il lavoro dopo la malattia, abbandono del posto di lavoro.
Ma anche per furto di beni aziendali di valore, reiterata assenza alla visita fiscale, attività in concorrenza con l'azienda, assenze ingiustificate per più giorni, insubordinazione con tanto di colluttazione fisica e verbale, falsificazione del cartellino d'ingresso, presentazione di un falso certificato medico.
Stessa cosa per un lavoratore che continua a esercitare la propria attività, incurante della sanzione disciplinare precedentemente ricevuta che gli precludeva di svolgere temporaneamente i propri compiti. Scatta il licenziamento per giusta causa pure anche se il lavoratore in malattia presta il proprio impiego per un'altra azienda.
Da non sottovalutare infine la commissione di un reato nella vita privata in grado di mettere in discussione la reputazione e l'immagine dell'azienda.
La definizione esatta di giusta causa, da collegare al mondo del lavoro in relazione al licenziamento, è quella contenuta nel Codice civile che disciplina il rapporto tra le parti.
Qui si legge infatti che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
Se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l’indennità. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.