Il repechage è una verifica interna. Il dipendente non deve essere obbligatoriamente informato delle valutazioni in corso sul suo possibile ricollocamento in base alle competenze maturate.
Che si chiami repechage secondo la denominazione francese o ripescaggio in italiano, cambia poco. Di fatto si tratta di un vero e proprio obbligo procedurale che il datore di lavoro deve rispettare quando c'è di mezzo un licenziamento per motivi aziendali. Non si tratta quindi di una facoltà ovvero di una opzione aggiuntiva per evitare l'allontanamento in via definitiva del dipendente.
Allo stesso tempo, il repechage non si applica a tutti i licenziamenti dei lavoratori ma solo a quelli da ricondurre a ragioni aziendali. Per intenderci, nel caso in cui il lavoratore sia oggetto di un provvedimento di licenziamento per ragioni disciplinari, la formula del ripescaggio può essere trascurata. Entriamo quindi nei dettagli del funzionamento e vediamo:
Il primissimo aspetto da considerare nel repechage nei licenziamenti è l'ambito di applicazione. Il ripescaggio trova spazio solo nei licenziamenti per giustificato motivo oggettivo. In pratica si tratta di quelli da ricondurre a motivi interni all'azienda. Pensiamo ad esempio alla necessità di rivedere l'organizzazione interna per renderla più efficiente ovvero ridurre i costi a migliorare la produttività. Oppure a una crisi aziendale che non rende più sostenibile il mantenimento dell'intera forza lavoro.
Ma cosa si intende esattamente per ripescaggio? Qual è il suo funzionamento? Si tratta dell'obbligo del datore di lavoro di individuare una nuova collocazione al lavoratore prima del licenziamento. Naturalmente deve essere in linea con le proprie competenze e l'obiettivo è proprio la salvaguardia del posto di lavoro. Dal punto di vista procedurale il repechage è una verifica interna. In pratica il dipendente non deve essere obbligatoriamente informato delle valutazioni in corso.
Tuttavia, nel caso in cui il lavoratore proponga ricorso contro il provvedimento di licenziamento, il datore deve dimostrare di aver considerato tutte le possibilità prima di aver adottato la misura drastica della rinuncia a un dipendente.
Per capire l'esatto funzionamento del repechage nei licenziamenti è certamente utile passare in rassegna le principali decisioni giurisprudenziali perché hanno fissato i confini di questo strumento. Allo stesso tempo possono essere considerati veri e propri aggiornamenti alla materia, già più volte oggetto di ritocchi e revisioni.
Ecco quindi che è stato stabilito che l'obbligo di repechage è incompatibile con motivazioni strettamente collegate alla mera riduzione dei costi per il personale, in quanto, in tal caso, il mantenimento in servizio del dipendente, seppur in altre mansioni, contrasterebbe con tale esigenza. E ancora: l'assunzione di personale con contratto a termine nello stesso periodo di tempo in cui è avvenuto il licenziamento non è di per sé sufficiente a dimostrare il mancato adempimento all'obbligo.
Dopodiché il datore di lavoro non è obbligato a formare il lavoratore in altre funzioni al fine di ottemperare all’obbligo di repechage. L'obbligo di repechage deve essere riferito limitatamente alle attitudini e alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento con esclusione dell'obbligo del datore di lavoro di fornire a tale lavoratore una diversa o ulteriore formazione per salvaguardare il suo posto di lavoro di repechage. Quindi l'obbligo di repechage non opera se il lavoratore in esubero non ha la capacità professionale richiesta per ricoprire la diversa posizione lavorativa disponibile.
Tuttavia, ciò deve risultare da circostanze oggettivamente riscontrabili palesate dal datore di lavoro. Ai fini dell'obbligo del repechage non vengono in rilievo tutte le mansioni inferiori dell'organigramma aziendale, ma solo quelle che siano compatibili con il bagaglio professionale del prestatore di lavoro ovvero che non siano disomogenee e incoerenti con la sua competenza, quelle che siano state effettivamente già svolte, contestualmente o in precedenza.