Le segnalazioni bancarie rientrano tra i meccanismi previsti dall’attuale normativa per garantire la trasparenza e la tracciabilità dei flussi finanziari. Chi effettua movimentazioni in denaro deve tenere conto sia dei limiti sui pagamenti in contanti, sia delle soglie che, se superate, possono comportare automaticamente una comunicazione da parte degli istituti di credito all’Unità di informazione finanziaria per l’Italia (UIF) e, in alcuni casi, all’Agenzia delle Entrate. Rispettare le regole sul monitoraggio delle transazioni previene l’attivazione di controlli ulteriori e, nei casi più gravi, di indagini per sospetto riciclaggio o altri illeciti finanziari.
Le principali soglie da rispettare nel 2025 prevedono che i pagamenti in contante non possano superare 2.000 euro, mentre si ridurranno a 1.000 euro entro la fine dell’anno stesso, in ottemperanza alle normative vigenti. Tuttavia, il vero punto di attenzione per cittadini e imprese riguarda la soglia massima di prelievi in contante: superando i 10.000 euro complessivi nell’arco di un mese, anche a seguito di operazioni frazionate, gli intermediari finanziari sono tenuti a segnalare l’anomalia alla UIF. Questo avviene anche senza che vi sia un’ipotesi concreta di reato: la funzione principale di questo sistema è la prevenzione, ossia garantire un monitoraggio puntuale delle movimentazioni.
Le banche e Poste trasmettono analoghe segnalazioni anche all’Agenzia delle Entrate al fine di mantenere aggiornata l’Anagrafe dei Conti Correnti, che raccoglie tutte le informazioni relative a movimenti, giacenze, strumenti finanziari e servizi accessori.
L’Unità di Informazione Finanziaria per l’Italia (UIF), organo autonomo istituito presso la Banca d’Italia, è incaricata di raccogliere e analizzare le segnalazioni di operazioni sospette provenienti da operatori finanziari, professionisti e altri soggetti obbligati. La UIF svolge attività di analisi finanziaria su operazioni che potrebbero evidenziare casi di riciclaggio o finanziamento al terrorismo secondo quanto disposto dal D.lgs. n. 231/2007 e successive modifiche.
Dopo la raccolta e l’analisi delle informazioni, se sussistono elementi di rischiosità, la UIF può trasmettere gli atti agli organi investigativi e giudiziari per lo sviluppo di accertamenti specifici. Sono previsti scambi informativi anche con le Autorità di vigilanza, le amministrazioni pubbliche e gli ordini professionali, promuovendo la collaborazione istituzionale per l’individuazione e contrasto di flussi finanziari irregolari.
La Centrale dei Rischi (CR) rappresenta una delle principali fonti informative in ambito bancario e finanziario italiano. Gestita dalla Banca d’Italia, raccoglie e gestisce su base mensile le segnalazioni degli istituti di credito e degli altri intermediari vigilati. Questo database ha una duplice finalità: da un lato consente la valutazione del merito creditizio dei clienti, dall’altro supporta la gestione prudente del credito da parte delle banche.
Accanto alla Centrale dei Rischi pubblica, operano anche sistemi privati come CRIF, Experian e CTC (Sistemi di Informazioni Creditizie - SIC), anch’essi alimentati da banche, società finanziarie e altri operatori. In questi archivi vengono registrate sia informazioni positive che negative, comprese quelle relative a lievi o temporanei ritardi nei pagamenti, insoluti, revoche di affidamenti, sconfinamenti oltre fido o situazioni di sofferenza.
Le banche utilizzano regolarmente i dati dei SIC, in combinazione con quelli della Centrale Rischi, per decidere sull’erogazione di finanziamenti o l’apertura di nuovi fidi. La presenza di segnalazioni negative può comportare un aumento della richiesta di garanzie e costi, se non la totale negazione dell’accesso al credito.
L’aggiornamento delle segnalazioni è mensile e riflette tempestivamente ogni variazione: il pagamento di un debito estingue la segnalazione, ma la traccia delle esposizioni rimane nello storico per 36 mesi consultabili dagli intermediari. In caso di errori come errate classificazioni, importi non corretti, scambi di persona, il cliente è legittimato a chiedere la rettifica all’intermediario che segnala, secondo un iter che prevede la risposta entro 30 giorni e, se necessario, l’eventuale ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario o al Garante Privacy per ottenere la modifica del dato.
Per casi complessi, la normativa e la giurisprudenza prevedono rimedi specifici e risarcimenti, anche quando l’errore ha precluso l’ottenimento di credito o danneggiato la reputazione finanziaria del soggetto interessato.
La classificazione in Centrale dei Rischi segue lo schema previsto dalla Circolare Banca d’Italia n. 139/1991 e successive integrazioni, che prevede diverse tipologie di segnalazione:
Esistono precise soglie, 30.000 euro per le esposizioni ordinarie e 250 euro per la sofferenza, a partire dalle quali scatta la segnalazione. La decisione di iscrivere un cliente in sofferenza non si basa su un singolo mancato pagamento ma su una complessiva situazione di insolvenza non transitoria.
Prima della prima segnalazione negativa, l’intermediario è tenuto a comunicare preventivamente l’evento, in particolare se il soggetto interessato è un consumatore di credito.
Essere segnalati in Centrale dei Rischi o nei SIC non significa necessariamente essere “cattivi pagatori”. Una corretta gestione dei rapporti bancari e il rispetto delle scadenze permettono di accrescere la propria affidabilità creditizia; al contrario, la presenza di informazioni negative si traduce in minori possibilità di accesso a nuovi prestiti, condizioni meno favorevoli o, in alcuni casi, l’impossibilità di ottenere credito.
Ogni cittadino o impresa può richiedere gratuitamente la visura della propria posizione, sia presso la Banca d’Italia per la Centrale Rischi sia presso i gestori privati (CRIF, Experian, CTC). Il diritto di rettifica è sempre garantito e, ove necessario, si può attivare l’iter di reclamo o ricorso stragiudiziale.
Chi ritiene di essere stato segnalato per errore o irregolarmente può attivare diversi strumenti previsti dall’ordinamento per la tutela: reclamo scritto presso l’intermediario, successivo ricorso all’Arbitro Bancario Finanziario (ABF), esposto alla Banca d’Italia o reclamo al Garante Privacy per violazioni in materia di dati personali. In presenza di danni economici o morali legati alla segnalazione si può agire davanti al tribunale per ottenere risarcimenti, sempre dimostrando il pregiudizio subito e il nesso con la segnalazione contestata.