Il contratto di lavoro a tempo determinato rappresenta una delle forme più diffuse nel panorama occupazionale italiano, offrendo flessibilità soprattutto alle aziende e qualche volta ailavoratori. Ma quali sono i reali diritti, soprattutto in termini di permessi e tutele, di chi è assunto a termine?
I lavoratori con contratto a tempo determinato godono, per legge, degli stessi diritti fondamentali degli assunti a tempo indeterminato, salvo che una disparità sia oggettivamente richiesta dalla natura temporanea del contratto. Il principio di non discriminazione viene sancito dal Decreto Legislativo n. 81, che impone al datore di lavoro di garantire uguaglianza su retribuzione, accesso ai permessi, trattamento contributivo e accesso alla formazione. Questo significa che un lavoratore a tempo determinato ha diritto a:
Il principio si applica anche in ambito di accesso alla formazione e alla sicurezza sul lavoro. Eventuali violazioni generano la nullità della clausola e sanzioni amministrative per il datore di lavoro.
Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, i permessi riconosciuti variano in relazione alla durata contrattuale e al tipo di Ccnl di riferimento. Di seguito vengono illustrate le principali tipologie:
Nel caso di rapporti di durata inferiore a sei mesi, il panorama dei permessi accessibili può essere più ristretto: molte tutele, tra cui i permessi straordinari retribuiti per studio, risultano non attivabili. Per dettagli specifici si rimanda alla contrattazione collettiva applicata.
Il calcolo dei permessi per i lavoratori a termine segue il criterio della proporzionalità. La maturazione dei permessi è agganciata sia alla durata effettiva del contratto sia al regime di impiego (full-time, part-time orizzontale o verticale):
Tipo di permesso | Durata contratto = 6 mesi | Durata contratto < 6 mesi |
Permessi personali/familiari | Proporzionati sui mesi di lavoro | Possibili limitazioni o esclusioni |
Lutto, matrimonio, gravi infermità | Integrali (3 giorni lutto, 15 matrimonio, 3 infermità) | Limitati a singoli eventi, come da L. 53/2000 |
Studio (150 ore) | Sì, solo se previsto dal CCNL | No |
Per il prospetto dettagliato si suggerisce di verificare il proprio contratto collettivo e la disciplina aziendale.
Il lavoratore a tempo determinato deve presentare la richiesta di permesso secondo le modalità previste dall’azienda, generalmente tramite piattaforme dedicate o moduli aziendali. Alcuni Ccnl prevedono la possibilità di autocertificazione per motivi personali o familiari, mentre per motivi di salute, gravi infermità, o eventi luttuosi deve essere allegata idonea documentazione (certificato medico, autocertificazione, copia dell’atto di matrimonio/decesso). È importante verificare con l’Ufficio Risorse Umane, tramite appositi recapiti, le modalità operative e i tempi di invio della documentazione giustificativa richiesta.
Accanto ai permessi retribuiti, il lavoratore con contratto a termine può richiedere permessi non retribuiti. Questi, in particolare, vengono concessi per esigenze personali o famigliari urgenti che non trovano copertura tra i permessi con trattamento economico. In ambito scolastico e para-pubblico sono invece previsti permessi orari brevi (max due ore per evento), da recuperare entro tempi predefiniti o entro la scadenza della nomina; il tetto massimo annuo è proporzionale alle ore settimanali di servizio. Nel coordinamento dei permessi si segnala il divieto di cumulare nella stessa giornata diverse tipologie di permesso orario, salvo specifiche eccezioni (es. Legge 104/1992 o congedi parentali).
Il tempo determinato matura il diritto alle ferie e ai permessi secondo quanto disposto dal decreto legge n. 66/2003 e dalla contrattazione nazionale. Se alla cessazione del rapporto alcuni giorni di permesso non sono stati fruiti, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere la relativa indennità, in busta paga, in proporzione alle ore/giornate residue e secondo le regole della contrattazione collettiva applicata. Diversa la situazione per le ferie: in via generale non possono essere monetizzate se non in caso di cessazione del rapporto o per ragioni oggettive che impediscano la fruizione (es. conclusione contrattuale).
Esempio di simulazione:
La normativa disciplina la durata massima complessiva del rapporto a termine in 24 mesi, fatte salve eccezioni introdotte dai CCNL o previste per specifiche attività stagionali. È ammessa una sola proroga libera entro i primi 12 mesi; le ulteriori sono vincolate a specifiche causali (esigenze organizzative, sostituzioni temporanee, incrementi temporanei produttivi). Il rapporto può essere prorogato fino a un massimo di 4 volte.
Si segnalano le seguenti novità:
L’assunzione a tempo determinato è sempre vietata per sostituzione di lavoratori in sciopero, durante situazioni di riduzione/sospensione di lavoro (CIG), in assenza di idonea documentazione sulla sicurezza o in caso di licenziamenti collettivi recenti per le stesse mansioni nei 6 mesi precedenti.
Il diritto di precedenza consente al lavoratore a tempo determinato con oltre 6 mesi di anzianità, di richiedere priorità nelle future assunzioni a tempo indeterminato, purché la mansione sia equivalente e la manifestazione di interesse sia tempestiva. Le lavoratrici in maternità maturano il diritto di precedenza computando anche il congedo obbligatorio, in linea con le ultime interpretazioni giurisprudenziali. Il diritto di precedenza si estingue dopo un anno dalla cessazione.
Le principali fonti normative di riferimento sono il Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, il decreto legislativo 66/2003 (in materia di ferie e permessi), la Legge 104/92 per permessi legati all’assistenza di disabili, la Legge 53/2000 in caso di gravi infermità e lutto familiare, e il dettaglio del CCNL applicato.