La Corte di Cassazione ha aperto alla possibilità di lavorare anche nei giorni festivi infrasettimanali. Un altro modo per arrotondare lo stipendio a fine mese è fare ricorso agli straordinari, naturalmente se la propria azienda ne ha bisogno.
Nella formazione della retribuzione in busta paga incidono sia la parte fissa e sia quella variabile. Quest'ultima è composta da quegli elementi legati alle circostanze, tra cui gli straordinari rappresentano una delle componenti che incide maggiormente.
La legge in vigore stabilisce limiti ben precisi di fruizione di questa possibilità da parte dei dipendenti e dei datori di lavoro. Adesso c'è però un'altra novità da segnalare che arricchisce il quadro legislativo ed è la pronuncia della Corte di Cassazione che apre alla possibilità per i lavoratori di prestare la propria attività anche nei giorni delle festività infrasettimanali.
Naturalmente è fondamentale che l'azienda in cui si lavora lo consenta e alla base ci deve comunque essere un accordo individuale tra le parti. Vediamo quindi:
Ecco quindi che la pronuncia della Corte di Cassazione apre alla possibilità di lavorare anche nei giorni festivi infrasettimanali ovvero il primo gennaio, il giorno dell'Epifania (6 gennaio), il giorno di lunedì dopo Pasqua, il 15 agosto (giorno dell'Assunzione), il primo novembre (giorno di Ognissanti), l'8 dicembre (giorno dell'Immacolata Concezione), il 25 dicembre (giorno del Santo Natale), il 26 dicembre (giorno di Santo Stefano).
Si tratta di un modo per guadagnare in busta paga e, dalla parte del datore di lavoro, di mantenere attiva la macchina produttiva. L'altro modo per arrotondare lo stipendio a fine mese è fare ricorso agli straordinari, naturalmente se la propria azienda ne ha bisogno.
In assenza di contrattazione collettiva gli straordinari sono ammessi fino a un massimo di 250 ore all'anno, sempre se c'è una intesa tra datore e lavoratore. Spetta infatti alla contrattazione collettiva regolamentare gli straordinari stabilendo le modalità di esecuzione e la durata massima.
Normativa aggiornata alla mano, non occorre il consenso del lavoro a fare gli straordinari sul lavoro in alcuni casi ben precisi. Innanzitutto quando ci sono eventi particolari collegati ad attività produttiva o all'allestimento di modelli per l'attività.
Poi per cause di forza maggiore o nelle ipotesi in cui la mancata esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario può dare luogo a un pericolo grave ed immediato oppure a un danno alle persone o alla produzione aziendale. Infine nel caso di eccezionali esigenze tecnico-produttive con impossibilità di fronteggiarle con l'assunzione di nuovi lavoratori.
Il tutto anche in deroga ai limiti fissati dalla contrattazione collettiva (terziario e servizi, edilizia e legno, alimentari, credito e assicurazioni, tessili, trasporti, meccanici, agricoltura e allevamento, enti e istituzioni private, chimica, poligrafici e spettacolo, marittimi, enti pubblici) o dalla legge.
Tra l'altro il lavoratore può rifiutare il lavoro straordinario se la richiesta del datore di lavoro non risulta posta in base alle regole della correttezza e buona fede. Oppure in caso di giustificato motivo di rilevante gravità che impedisce la prestazione di lavoro. Ma anche se il lavoratore è uno studente in grado di dimostrare tale qualifica.
A tal proposito, la normativa in vigore precisa che i lavoratori studenti, iscritti e frequentanti corsi regolari di studio in scuole di istruzione primaria, secondaria e di qualificazione professionale, statali, pareggiate o legalmente riconosciute o comunque abilitate al rilascio di titoli di studio legali, hanno diritto a turni di lavoro che agevolino la frequenza ai corsi e la preparazione agli esami e non sono obbligati a prestazioni di lavoro straordinario o durante i riposi settimanali.
I lavoratori studenti, compresi quelli universitari, che devono sostenere prove di esame, hanno diritto a fruire di permessi giornalieri retribuiti. Il datore di lavoro potrà richiedere la produzione delle certificazioni necessarie all'esercizio dei diritti.