I rimborsi spesa possono essere pagati a un dipendente in modo forfettario, misto o con il metodo misto.
Se c'è una caratteristica del mondo del lavoro in Italia è la sua estrema particolarità normativa. In buona sostanza, ogni aspetto della vita quotidiana è attentamente normato. Non ci riferiamo solamente a tutti i passaggi relativi alla retribuzioni o ai diritti e ai doveri di dipendenti e datori. Ma anche ad alti dettagli, che poi tali non sono, relativi ai rimborsi spesa.
Può infatti capitare che un lavoratore sia chiamato ad anticipare alcuni costi, magari perché è chiamato allo svolgimento di un'attività fuori sede e le spese non possono essere quantificate con esattezza. Vediamo allora come possono essere pagati i rimborsi spesa ad un dipendente secondo leggi 2021-2022:
Rimborsi spesa pagati in modo forfettario
Rimborsi spesa pagati in modo analitico
Rimborsi spesa pagati con il metodo misto
I rimborsi spesa possono essere pagati in modo forfettario. Si tratta di una indennità di trasferta riconosciuta in maniera fissa al dipendente per ogni giorno di lavoro fuori dal comune dove ha sede contrattuale il proprio lavoro. La somma prestabilita prescinde dalle spese sostenute dal dipendente.
Quest'ultimo deve gestire le spese quotidiane tenendo conto del rimborso forfettario ricevuto e stabilito dal progetto europeo o da regolamento. Le indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale concorrono a formare il reddito per la parte eccedente 46,48 euro al giorno, elevate a 77,47 euro per le trasferte all'estero, al netto delle spese di viaggio e di trasporto.
Questa esenzione viene applicata anche per l'assoggettamento previdenziale ovvero anche i contributi a carico del dipendente sono calcolati per la quota eccedente. L'imponibile fiscale in busta paga sul quale si calcolano le imposte sul reddito dovute aumenta per i rimborsi superiori a 46,48 euro al giorno e per la parte eccedente ovvero 77,47 euro per le trasferte all'estero.
Questa quota è sottoposta a imposizione fiscale e il lavoratore in trasferta è chiamato a pagare l'imposta Irpef e le addizionali regionali e comunali sulla quota di rimborso oltre i 46,48 euro o 77,47 euro.
Con il rimborso spesa con il metodo analitico, le spese sostenute dal dipendente nello svolgimento della propria prestazione lavorativa nel luogo in cui è stato inviato in trasferta sono dettagliate analiticamente. L'azienda rimborsa quindi le spese sostenute sulla base della nota spesa presentata dal dipendente con i documenti giustificativi.
Secondo le disposizioni vigenti, in caso di rimborso analitico delle spese per trasferte o missioni fuori del territorio comunale non concorrono a formare il reddito i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all'alloggio, al viaggio e al trasporto.
Queste ultime sono rimborsate dal datore di lavoro a piè di lista e non concorrono a formare il reddito imponibile del dipendente, indipendentemente dall'ammontare del rimborso spese. Il lavoratore non percepisce l'indennità di trasferta che sarebbe assoggettata a imposizione fiscale per la quota eccedente l'esenzione.
Con il rimborso spesa pagato con il metodo misto, le spese di viaggio e di trasporto sono rimborsate a parte. A differenza del metodo forfettario, oltre all'indennità di trasferta, al dipendente è riconosciuto un rimborso spese a piè di lista per il vitto e l'alloggio o in alternativa alloggio o vitto gratuiti.
Anche in questa circostanza le normative parlano chiaro: in caso di rimborso delle spese di alloggio, ovvero di quelle di vitto, o di alloggio o vitto fornito gratuitamente il limite è ridotto di un terzo. Il limite è ridotto di due terzi in caso di rimborso sia delle spese di alloggio che di quelle di vitto.