Sì. E’ possibile continuare a lavorare una volta maturati i requisiti pensionistici e proprio per arrotondare l’assegno mensile. Questa possibilità non vale assolutamente per coloro che decidono di andare in pensione con la quota 100 e in tutti gli altri casi sono previste comunque sempre delle condizioni da rispettare.
Chi ha intenzione di continuare a lavorare una volta raggiunta la pensione 2019 può farlo anche sono previste diverse limitazioni e tanti paletti in molti casi. Vediamo, dunque, quando è possibile e quando conviene effettivamente continuare a lavorare dopo la pensione.
Per far valere il proprio diritto alla pensione 2019, i lavoratori devono raggiungere determinati requisiti anagrafici e contributivi, per esempio 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi per la pensione di vecchiaia, ma devono anche obbligatoriamente cessare la propria attività lavorativa, termine propedeutico alla presentazione della stessa domanda di pensionamento.
L’obbligo vale per i lavoratori dipendenti, anche se non si tratta di un divieto assoluto perché, se è vero che la cessazione del lavoro è fondamentale per la domanda di pensione, il termine del rapporto di lavoro dipendente deve essere verificato al momento della decorrenza della pensione, per cui il pensionato, una volta che gli è stata riconosciuta la pensione, può anche riprendere a lavorare, soprattutto perché non esiste più alcun limite per il cumulo tra reddito da pensione e redditi da lavoro per quanto riguarda la pensione di vecchiaia o quella di anzianità.
Autonomi e parasubordinati, pur raggiungendo la pensione, possono anche tranquillamente continuare a lavorare.
Quando il lavoratore va in pensione 2019 può, in realtà voler continuare a lavorare e si tratta di una possibilità che gli può essere offerta sia dalla vecchia azienda di lavoro sia da una nuova e permette al pensionato di arrotondare la pensione mensile, un vantaggio conveniente soprattutto quando l’assegno mensile non è poi così cospicuo.
Stando alle leggi in vigore e alle regole aggiornate 2019, il divieto assoluto che prima vigeva per i lavoratori dipendenti di continuare a lavorare dopo la pensione, come detto, sembra essere venuto meno mentre continuare a lavorare dopo la pensione non è assolutamente possibile nel caso in cui si decide di andare in pensione con la novità di quota 100.
La quota 100 2019, infatti, prevede il divieto di cumulo tra reddito da lavoro e reddito da pensione, fino al momento del raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia, ad eccezione dei redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite dei 5.000 euro lordi annui.
Se il pensionato, sia dipendente che autonome, riprende a lavorare è soggetto a tassazione trattenuta sullo stipendio e versamenti dei contributi Inps: per coloro che riprendono a lavorare e rientrano nella possibilità di cumulo di reddito da pensione e reddito da lavoro entro un certo limite, è il datore di lavoro che trattiene dallo stipendio le somme non cumulabili e provvede al versamento di quanto trattenuto dall’ente previdenziale che eroga la pensione, mentre in altri casi è direttamente l’ente previdenziale che trattiene quanto dovuto.
Il versamento dei contributi all’Inps anche dopo la pensione permette al pensionato di aumentare l’importo della pensione che già percepisce ma non si tratta di un aumento immediato. E’, infatti, possibile chiedere l’aumento della pensione per ulteriori contributi versati solo dopo 5 anni dalla decorrenza della pensione o per coloro che hanno superato l’età pensionabile dopo 2 anni.
Conviene continuare a lavorare se si percepisce una pensione relativamente bassa e lo stipendio del nuovo lavoro permette sia di arrotondare la disponibilità economia mensile sia di versare ulteriori contributi per l’aumento del trattamento pensionistico finale complessivo.
Dal 2009 è stato cancellato qualsiasi vincolo precedentemente previsto che prevedeva il divieto cumulo di redditi da pensione con redditi da lavoro, per cui i pensionati possono continuare a lavorare pur però rispettando determinate condizioni. A prescindere dal divieto di cumulo di redditi da pensione e da lavoro previsto dalla quota 100, la pensione viene interamente sospesa a chi ha un reddito da lavoro che supera di tre volte l’ammontare della pensione minima, cioè superiore ai 1.539,03 euro.
Se invece chi va in pensione percepisce un assegno di invalidità, se continua a lavorare perde il 25% della pensione se il reddito è superiore a 2.052,04 euro e il 50% della pensione se il reddito è superiore a 2.565,05 euro.