Il 2022 è un anno di novità nella gestione dei buoni pasto, anche per le cooperative sociali. Se alcuni aspetti sono rimasti sostanzialmente immutati, altri sono profondamente cambiato, come il valore stesso dei ticket da assegnare ai lavoratori.
Sotto il primo punto di vista, i buoni pasto possono essere utilizzati solo dal titolare e per l'intero valore facciale. Significa che se la spesa per gli alimenti acquistati è inferiore al valore dei buoni non viene ricevuto il resto in denaro. Questa regola vale per tutti i percettori dei ticket all'interno di una cooperativa sociale e senza alcuna differenza.
Allo stesso tempo i buoni pasto non possono essere in alcun caso venduti o monetizzati e né ceduti a titolo gratuito. In buona sostanza i soli ad aver diritto a utilizzare sono i destinatari che possono impiegarli anche più di uno per volta ovvero possono essere impiegati contemporaneamente fino a un massimo di 8 ticket nel caso in cui la spesa da affrontare sia superiore al valore di un singolo buono.
Vediamo quindi tutti i dettagli della normativa in materia in vigore e più esattamente:
I buoni pasto - laddove previsti come strumento alternativo al servizio di mensa - spettano all'interno delle cooperative sociali a tutti i soci lavoratori subordinati.
Per essere tali occorre di solito aver versato una quota associativa, dopodiché viene instaurato un rapporto di lavoro che può essere dipendente, autonomo, di collaborazione. In ogni caso, le cooperativa possono avviare rapporti di lavoro anche con chi non è socio.
Dal punto di vista normativo si tratta di imprese senza finalità di lucro che perseguono l'interesse generale della comunità alla promozione umana e all'integrazione sociale dei cittadini. In pratica mirano a soddisfare un bisogno collettivo e possono essere di due tipi: quelle che erogano servizi socio-sanitari ed educativi e quelle che svolgono attività di impresa.
Pensiamo ad esempio al settore sanitario con prevenzione, assistenza infermieristica ambulatoriale, domiciliare o in istituti, cure termali, studi odontoiatrici, fisioterapia.
Oppure a quello di assistenza domiciliare, infermieristica, assistenza in istituto, gestione diretta di istituti, centri sociali nell'ambito dell'attività di aiuto per anziani. Ma anche ai servizi per immigrati tra quelli informativi, di orientamento, di formazione, centri di accoglienza.
Ecco quindi che i buoni pasto possono essere utilizzati durante la giornata lavorativa solo dai lavoratori subordinati a tempo pieno e parziale, anche se l'orario di impiego non preveda una pausa per il pranzo. Via libera all'uso anche da parte di chi ha instaurato un rapporto di collaborazione anche non subordinato.
Anche nel caso dei lavoratori delle cooperative sociali si applica l'esenzione da contributi Inps e tassazione Irpef per la parte dei buoni pasto cartacei che non eccede i 4 euro ovvero per quella dei buoni pasto in formato elettronico fino a 8 euro.
Lo stesso importo è conservato per le indennità sostitutive delle somministrazioni di vitto corrisposte a lavoratori addetti a strutture lavorative a carattere temporaneo o unità produttive nelle zone dove sono assenti strutture o servizi di ristorazione. I buoni pasto sono utilizzabili esclusivamente per tutto il valore facciale e consentono di ricevere un servizio sostitutivo di mensa di importo pari al valore facciale del buono pasto.
Il lavoratore delle cooperative sociali non può cedere, commercializzare o convertire in denaro i buoni pasto che rappresentano il documento con cui l'esercizio convenzionato (il ristorante, ad esempio) dimostra di aver offerto il servizio.
Per quanto riguarda la quantità di buoni pasto che spettano al mese, il lavoratore ne riceve uno per ogni giornata di impiego.
L'unico utente idoneo è il destinatario che può utilizzarlo più di una volta o utilizzare fino a 8 carte alla volta.