La macchina dei fondi perduti per coronavirus si è messa in moto. Con l'apertura delle domande per i soggetti colpiti dall'emergenza non resta solo che leggere con attenzione tutti i dettagli della normativa per scoprire se si rientra tra i beneficiari.
Un prezioso aiuto è rappresentato dall'Agenzia delle entrate che ha fatto luce su tutti gli aspetti essenziali tra requisiti e determinazione del contributo, presentazione delle domande e ricevute. Poi però ci sono altri due dettagli di fondamentale importanza, solo parzialmente accennati con il decreto Rilancio che ha istituto il contributo.
Si tratta dei controlli e delle sanzioni, rispetto a cui l'Agenzia delle entrate ha specificato ogni dettaglio. Non solo, ma ha anche ribadito l'importanza dell'autocertificazione.
In buona sostanza, nel caso di importo del contributo a fondo perduto richiesto sia superiore a 150.000 euro, il richiedente è chiamato a produrre anche la dichiarazione sostituiva di atto notorio, attestando di essere iscritto nell'elenco dei fornitori non soggetti a infiltrazione mafiosa. Analizziamo allora la normativa approvata
I controlli sulle dichiarazioni allegate alla domanda per accedere ai fondi perduti sono eseguiti dall'Agenzia delle entrate e il primo dato verificato e l'ammontare di ricavi e compensi ovvero il fatturato nei mesi di aprile 2020 e 2019.
Se dovesse emergere indebita percezione, il richiedente - sia esso una persona fisica o meno - può restituire la cifra prima dell'avvio del procedimento, versando comunque interessi e le sanzioni (ridotte) applicate. Il secondo tipo di controlli riguarda invece l'autocertificazione sulla regolarità antimafia.
I dati contenuti nelle domande sono infatti passati al vaglio anche della Guardia di Finanza per le attività di polizia economico-finanziaria. I militari effettuano specifici controlli per la prevenzione dei tentativi di infiltrazioni criminali e lo fanno indipendentemente dall'ammontare di fondi perduti richiesti.
La cifra viene corrisposta dall'Agenzia delle entrate con accredito sul conto corrente del richiedente, comprese le partite Iva. Condizione fondamentale è l'intestazione o la cointestazione del conto corrente a colui che presenta la domanda. In caso contrario la richiesta viene eliminata.
In caso contrario ovvero di mancata restituzione e se l'Agenzia delle entrate dovesse riscontrare l'irregolarità, ecco che scatta la multa da 100 al 200% dei fondi perduti intascati oltre alla reclusione da 6 mesi a tre anni.
Per quanto riguarda la dichiarazione sostitutiva di atto notorio relativamente alla regolarità antimafia, il rischio è duplice: reclusione da 2 a 6 anni e confisca di beni e denaro.
Nella sezione Fatture e Corrispettivi del sito web dell'Agenzia delle entrate, il richiedente ha accesso alla lista degli invii effettuati con l'esito di elaborazione e lo stato di lavorazione.