A causa dell'aumento dell'uso dei social media chissà quanti di noi hanno scattato una foto in cui è ritratto anche uno sconosciuto e l'hanno condivisa online senza il consenso di tutte le persone immortalate. Si tratta di un reato? Al di là del fatto che ritrarre uno sconosciuto e condividere l'immagine online è scorretto, in alcuni casi è contro la legge e si va incontro a pesanti conseguenze.
Succede anche se si è fotografati di nascosto in spiaggia e al mare per cui è importante conoscere i propri diritti e sapere come difendersi. Il problema è che esistono molti modi per proteggere la privacy informatica, ma sfortunatamente non c'è molto da fare per impedire a qualcuno di scattare una foto.
Nella maggior parte dei casi non è contro la legge scattare una foto di una persona in pubblico, supponendo che non abbiano un motivo particolare per stare attenti alla privacy e che le azioni non le molestino o non lo allarmino. Proprio questi due aspetti, come vedremo a breve, sono centrali per capire quali sono i diritti della persona che non vuole farsi fotografare.
Il punto è che sono migliaia le persone che tutti i giorni d'estate sono fotografate in spiaggia o al mare e non necessariamente perché l'obiettivo della fotocamera o dello smartphone sia puntato su di loro, quanto piuttosto perché finiscono per fare parte di tutta l'immagine. E anche questo è una distinzione importante da conoscere e da approfondire. Vediamo quindi
Dal punto di vista pratico e relazionale, la prima cosa da fare da chi è preoccupato di essere stato fotografato è di chiedere spiegazioni ed eventualmente la cancellazione dell'immagine.
Ma non è detto che la richiesta venga accettata perché nella maggior parte dei casi non è illegale scattare una foto di una persona in pubblico, anche sulla spiaggia o al mare. Ci spieghiamo meglio: fotografare un paesaggio, un tratto di litorale o qualunque ambiente all'aperto in cui sono presenti altre persone è un'attività liberamente possibile.
Sarebbe impossibile chiedere tutte le volte di sgomberare gli spazi. Il problema si pone nel momento in cui il fotografo si accanisce contro una persona ovvero punta costantemente l'obiettivo per catturare quante più immagini possibili. Potremmo citare i tanti casi di truffatori che usano immagini di estranei per impostare falsi profili di social media per ingannare le persone.
Ma in realtà c'è un altro problema ed è quello della molestie. Sul punto è infatti di recente intervenuta la Corte di Cassazione che ha fissato un principio importante: anche una sola foto può rappresentare un molestia e non occorre che gli scatti siano ripetuti.
Ciascuna persona conserva il diritto alla privacy e in caso di violazione scatta la possibilità di fare valere le proprie ragioni davanti a un giudice. E in caso di condivisione delle tesi, la vittima può ottenere il risarcimento del danno e la condanna penale del colpevole.
L'articolo del Codice penale di riferimento è il 660, secondo cui chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico per petulanza o per altro biasimevole motivo reca molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a 6 mesi o con l'ammenda fino a 516 euro.
Per petulanza si intende l'insistente indiscrezione mentre con biasimevole motivo i motivi riprovevoli. Condizione fondamentale è che molestia sia indirizzata verso persone determinate e non verso un pubblico generico.
Come spiegato dalla Corte di Cassazione nella sentenza che abbiamo ricordato, questo reato punta a perseguire quei comportamenti astrattamente idonei a suscitare nella persona direttamente offesa, ma anche nella gente, reazioni violente o moti di disgusto o di ribellione, che influiscono negativamente sul bene giuridico tutelato che è l’ordine pubblico.
Essendo oggetto di tutela la tranquillità pubblica per l'incidenza che il suo turbamento ha sull'ordine pubblico - precisano ancora i giudici - l'interesse privato individuale riceve una protezione soltanto riflessa, sicché la tutela penale viene accordata anche senza e pur contro la volontà delle persone molestate.