Il Tfr in questo anno di crisi ha superato i fondi pensioni. L'andamento è stato mediamente molto più alto. I consigli che danno gli analisti è di considerarlo come se fosse un investimento a 10 anni. Considerando anche la possibilità di sgravi fiscali, conseguenza suggeriscono di continuare a investire sui fondi pensione.
Il Tfr, il Trattamento di fine rapporto, è quella parte dello stipendio trattenuta tutti i mesi dal datore di lavoro che viene restituita al dipendente alla fine del rapporto di lavoro, sia essa per licenziamento o per dimissioni. Si tratta di un istituto lavorativo in vigore anche in questo 2022.
Più esattamente, in tutti i casi di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, il prestatore di lavoro ha diritto a un trattamento di fine rapporto. Tale trattamento si calcola sommando per ciascun anno di servizio una quota pari e comunque non superiore all’importo della retribuzione dovuta per l'anno stesso divisa per 13,5. Vale allora la pena sottolineare due aspetti peculiari:
Tfr supera fondi pensioni nel 2022: cosa fare
Quale scelta del fondo pensione per il Tfr
Numeri alla mano, il Tfr equivale a una mensilità per ogni anno di servizio con una rivalutazione annua dell'1,5% oltre al 75% del tasso d'inflazione. Ma sono numerosi gli aspetti da approfondire sul funzionamento della liquidazione. Al netto delle particolarità contenute nei singoli contratti collettivi nazionali di lavoro (Dirigenti Settore Privato, Agricoltura e Allevamento, Edilizia e Legno, Marittimi, Alimentari, Chimica, Trasporti, Enti Pubblici, Enti e Istituzioni Private, Poligrafici e Spettacolo, Tessili, Terziario e Servizi, Credito ed Assicurazioni, Turismo, Meccanici), è in vigore un impianto normativo di base.
Il lavoratore dipendente può decidere di lasciare il Trattamento di fine rapporto in azienda dove continua a essere gestito secondo la vecchia normativa oppure girarlo a un fondo pensione. La scelta va effettuata entro sei mesi dall'assunzione. In caso di mancata decisione, vale la regola del silenzio-assenso e il Tfr viene conferito alla forma di previdenza complementare prevista dagli accordi o dai contratti collettivi nazionali di lavoro.
L'aspetto a cui prestare oggi attenzione è proprio questo: cosa fare visto che per la prima volta dopo anni fondi pensione perdono e il Tfr guadagna nel 2022? Il Tfr in questo anno di crisi ha superato i fondi pensioni. L'andamento è stato mediamente molto più alto.
I consigli che danno gli analisti è di considerarlo come se fosse un investimento a 10 anni. Considerando anche la possibilità di sgravi fiscali, conseguenza suggeriscono di continuare a investire sui fondi pensione. In condizioni "normali" ovvero di mancata perdita, perché scegliere la destinazione di un fondo pensione?
La ragione è semplice: quando il lavoratore andrà in pensione, avendo maturato i requisiti richiesti dalla normativa vigente, godrà di una tassazione agevolata con aliquota pari al 15% riducibile fino al 9%. Se la futura liquidazione rimane ferma in azienda o presso il fondo di tesoreria dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, la tassazione è pari ad almeno il 23%.
Un caso particolare è rappresentato dall'esistenza di più fondi di riferimento. In questa situazione, il Tfr del dipendente viene destinato al fondo pensione con maggiori adesioni da parte dei lavoratori dell'azienda. Se assente, va in quello costituito presso l'Inps. Una volta effettuata la scelta di conferire il Tfr a un fondo pensione non è più revocabile. Ma è possibile cambiare la decisione di non conferire il Trattamento di fine rapporto a una forma previdenziale complementare.
Resta valida la regola che il lavoratore può destinare il Tfr a una qualsiasi forma di previdenza complementare, tranne i fondi negoziali dedicati a specifiche categorie. Ciascun fondo pensione prevede una periodicità per i versamenti devono corrispondere.
Con il conferimento della futura liquidazione a un fondo pensione, il lavoratore può versare contributi aggiuntivi volontari. Il lavoratore può comunque chiedere un anticipo del Tfr a determinate condizione, ad esempio per spese sanitarie, per acquisto o ristrutturazione di prima casa, ma solo dopo 8 anni.