La contabilizzazione fatture false genera una dichiarazione fiscale e viene sanzionata con il pagamento tra il 120 e il 140% delle imposte dovute con un minimo di 250 euro. Dal punto di vista penale, se indica nella dichiarazione dei redditi o Iva costi fittizi grazie alle fatture false, rischia da 1 anno e 6 mesi a 6 anni di reclusione.
È intuitivo che l'emissione di fatture false espone a rischi di carattere fiscale e penale. Ma accade lo stesso anche per chi le riceve e consapevolmente le contabilizza con l'obiettivo di pagare meno tasse? Qual è la posizione dell'Agenzia delle entrate? Sono previste multe e sanzioni? La risposta a quest'ultima domanda è affermativa poiché va incontro a conseguenze di un certo rilievo.
La primissima disposizione da comprendere riguarda il momento dell'emissione della fattura falsa. Diventa infatti tale con la consegna, la spedizione o la trasmissione al destinatario. Analizziamo quindi:
Quando ci sono di mezzo le fatture false, i rischi che si corrono non sono per la semplice ricezione. Occorre fare un passo in più per entrare nell'irregolarità ovvero la contabilizzazione. L'apposizione in bilancio della fattura falsa come costo di esercizio e per la detrazione dell'Iva relativa all'acquisto è l'operazione decisiva che espone a conseguenze fiscali e penali.
La contabilizzazione fatture false genera una dichiarazione fiscale e viene sanzionata con il pagamento tra il 120 e il 140% delle imposte dovute con un minimo di 250 euro. Se le imposto non sono dovute è prevista una sanzione da 250 a 1.000 euro e possono essere aumentate fino al doppio nei confronti di chi è obbligato alla tenuta di scritture contabili.
Di più: chi riceve e contabilizza fatture consapevolmente per non pagare tasse è punito con l'irrogazione del 30% sull'importo della maggiore imposta non versata in quanto l'utilizzo di fatture false è strumentale a un inferiore versamento delle imposte dovute. Dal punto di vista penale, se indica nella dichiarazione dei redditi o Iva costi fittizi grazie alle fatture false, rischia da 1 anno e 6 mesi a 6 anni di reclusione.
A detta della Banca d'Italia, i settori imprenditoriali maggiormente a rischio di fatturazione falsa sono pulizia e manutenzione, beni a contenuto tecnologico, attività di consulenza e pubblicitarie, logistica, carburanti, commercio di autoveicoli, materiali ferrosi, edile, trasporto su strada, beni alimentari, metalli preziosi.
Lo stesso istituto delinea un profilo soggettivo ben preciso: imprese prive di strutture organizzative reali, funzionali allo svolgimento di un’attività economica effettiva, per l’incongruenza del numero degli addetti, di attrezzature, attivi e locali e imprese i cui soci o amministratori hanno un dubbio profilo reputazionale per precedenti penali, sono gravati da eventi pregiudizievoli oppure risultano nullatenenti o irreperibili.
Ma anche imprese che si rivolgono a destinatari degli obblighi antiriciclaggio situati in luoghi ove le medesime non hanno la sede legale o alcuna sede secondaria e imprese con forme giuridiche caratterizzate da flessibilità e semplicità, sia per gli adempimenti previsti in fase costitutiva sia sotto il profilo strutturale o gestionale.
Nella lista rientrano anche le imprese con sede legale in un luogo distante da quello in cui risulta essere ubicato il centro degli interessi o la sede direzionale o operativa delle stesse e le imprese con mezzi patrimoniali limitati, in quanto prive di adeguata capitalizzazione, di finanziamenti da parte di soci o di terzi o di affidamenti bancari. Così come le imprese che hanno denunciato l’inizio di attività presso sedi legali fornite da prestatori di servizi di domiciliazione e le imprese con frequenti variazioni della compagine proprietaria o amministrativa, della sede sociale o dell’oggetto sociale.
Ecco quindi le imprese che cessano improvvisamente, soprattutto se a breve distanza temporale dalla costituzione, o che rimangono a lungo in liquidazione e le imprese con oggetti sociali particolarmente ampi ed eterogenei. E infine, le imprese di recente costituzione o che riprendono a operare anche solo apparentemente dopo un periodo di inattività e le imprese la cui partita Iva risulta cessata.