Cosa rischio se sono dipendente pubblico e faccio un lavoro in nero secondo leggi 2022

Cercare di arrotondare le entrate mensili è perfettamente lecito, ma non lo è se l'attività è in nero. Attenzione ai rischi.

Autore: Chiara Compagnucci
pubblicato il
Cosa rischio se sono dipendente pubblico

Lavoro nero da dipendente pubblico, cosa rischio?

Nel caso di un dipendente pubblico, il lavoratore che svolge un'attività in nero rischia il licenziamento se trasgredisce il dovere di fedeltà. Allo stesso tempo andrebbe incontro a conseguenze di carattere fiscale.

Per definizione, il lavoro in nero rappresenta un'attività irregolare. Lo è perché i guadagni intascati dal lavoratore non passano davanti agli occhi del fisco ovvero non sono tassati. In questo articolo andiamo al di là delle conseguenze e dei rischi per il datore di lavoro. Così come prescindiamo dalla ragioni per cui un lavoratore potrebbe decidere di arrotondare le proprie entrate mensile.

Vogliamo così concentrarci sui rischi che si corrono nel caso di svolgimento di un'attività di cui l'Agenzia delle entrate non è a conoscenza. Allo stesso tempo vogliamo focalizzare l'attenzione sui dipendenti pubblici. Vediamo quindi in questo articolo:

  • Lavoro nero da dipendente pubblico, cosa rischio

  • Leggi 2022 sull'organizzazione di lavoro e riposo

Lavoro nero da dipendente pubblico, cosa rischio

Vale innanzitutto la pena rilevare che chi esercita un'attività lavorativa in nero non va incontro ad alcun reato. Non verrebbe neanche accusato di illecito. I problemi sorgerebbero nel caso in cui percepisse un aiuto pubblico legato proprio all'assenza di lavoro. In caso contrario, i rischi sono tutti per il datore che assume un dipendente in nero in quanto verrebbe raggiunto da sanzioni amministrative molto salate.

Nel caso di un dipendente pubblico, il lavoratore che svolge un'attività in nero rischia il licenziamento se trasgredisce il dovere di fedeltà. Allo stesso tempo andrebbe incontro a conseguenze di carattere fiscale nel caso in cui, attraverso il Redditometro, l'Agenzia delle entrate venisse a conoscenza dell'esistenza di guadagni in nero.

La questione di un nuovo lavoro si intreccia inesorabilmente con quella del diritto al riposo. Il dipendente pubblico deve comunicare al datore l'ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività, nel rispetto dei limiti indicati, e di fornire ogni altra informazione utile al riguardo.

Disposizioni alla mano, il lavoratore ha diritto ad un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, ogni sette giorni, di regola coincidenti con la domenica. Il periodo di riposo settimanale deve essere cumulato con il riposo giornaliero, per un totale di 35 ore consecutive nelle ipotesi in cui il periodo di riposo sia individuato in 11 ore. Con alcune eccezioni.

Da un lato prevede che le regole della periodicità, della coincidenza con la domenica, della durata e della consecutività possano essere derogate per alcune attività. Inoltre prevede che la contrattazione collettiva possa introdurre delle deroghe purché ai lavoratori siano concessi periodi equivalenti di riposo compensativo o, in caso di eccezionale impossibilità oggettiva, che sia predisposta una protezione appropriata a favore degli stessi.

Dall'altro prevede che la regola della coincidenza del riposo domenicale possa essere derogato nelle ipotesi in cui il riposo settimanale di 24 ore consecutive può essere spostato in un giorno diverso dalla domenica e attuato mediante turni del personale.

Leggi 2022 sull'organizzazione di lavoro e riposo

Come specificato dal Ministero del Lavoro, la disposizione che prevede che il periodo di riposo settimanale debba coincidere con la domenica può essere derogata in quanto la coincidenza è esclusivamente tendenziale.

La disposizione che prevede la cadenza del riposo ogni 7 giorni può essere derogata, in conformità agli orientamenti consolidati e prevalenti in giurisprudenza, in presenza, si ritiene, di una triplice condizione: che esistano degli interessi apprezzabili, che si rispetti, nel complesso, la cadenza di un giorno di riposo ogni sei di lavoro, che non si superino i limiti di ragionevolezza con particolare riguardo alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

La disposizione che prevede la durata del riposo può essere derogata nel limite delle 24 ore che costituiscono la soglia minima di tutela. Qualora esistano delle disposizioni che prevedono la durata del riposo al di sotto di tale soglia, le stesse dovranno prevedere un recupero compensativo. La disposizione che prevede la consecutività delle ore di riposo può anch’essa essere derogata nel rispetto del limite delle 24 ore.