È utile conoscere i dovere sul posto di lavoro, ma anche i diritti e le principali leggi che li proteggono. Non solo, ma pure in riferimento al rapporto con il proprio capo è importante sapere qual è il limite da non superare per non rischiare sanzioni, provvedimenti disciplinari o il licenziamento quali sono invece i comportamenti in regola.
Proprio il rapporto con il datore di lavoro o comunque con il capo ufficio o il capo dipartimento è tra quelli più delicati per via delle conseguenze che possono derivare. Per il dipendente lo scenario è duplice: può avere a che fare con un capo che diventa un buon amico e mentore oppure si può rivelare ostico con conseguenti difficoltà relazionali.
In tutti i casi è importante tenere presente l'importanza della distanza professionale e non attraversare mai alcuni confini anche perché, come accennato, le conseguenze possono essere drastiche.
Una delle questioni più delicate ruota attorno allo stipendio. Il suggerimento è di non lamentarsi sull'esiguità della retribuzione, ma far capire che, in base ai risultati o al lavoro extra, la paga dovrebbe essere più alta.
Pensiamo anche alle parolacce: non importa quanto il lavoratore sia arrabbiato, ma lasciarsi scappare qualche parola di troppo in una conversazione con il capo non è un buon segnale perché si appare impulsivi e non in grado di controllare le proprie emozioni. In questi casi i rischi sono però limitati, a differenza di altri:
Quando si fa riferimento al rapporto tra dipendente e capo occorre distinguere tra due diversi tipi di rapporti. Da una parte c'è infatti cosa non si può dire per non rischiare sanzioni disciplinari e dall'altra cosa non è opportuno dire.
Ecco quindi che nel primo caso il primo suggerimento è di non mentire, anche e soprattutto in riferimento ad assenze per malattia e orario di lavoro. Sono poi da evitare comportamenti minacciosi, calunniosi o diffamatori nei confronti del capo, così come di utenti e colleghi.
Bollino rosso anche per le ingiurie nei confronti dell'azienda, a meno che siano espressione della libertà di pensiero. Di diverso tenore sono invece quei discorsi di opportunità che presentano però alcuni profili di rischio. Pensiamo ad esempio al lavoratore che trascorre una notte fuori nei giorni feriali (è un suo diritto) per poi raccontare al proprio capo dell'ennesima sbornia.
Nel caso di problemi sul lavoro, la confessione potrebbe essere utilizzata a sfavore del dipendente. Allo stesso tempo anche se è accettabile andare alla ricerca di altri impieghi, non è saltare il proprio lavoro per sostenere colloqui e riferire tutto al capo.
Dal punto di vista delle buone relazioni, non è una buona mossa sminuire il lavoro del capo e dire che potrebbe farlo chiunque. Insomma, imparare quando tenere la bocca chiusa è un modo per non perdere il lavoro.
Ricordando che le sanzioni disciplinari possibili sono il rimprovero verbale, il rimprovero scritto, la multa, la sospensione, il trasferimento e il licenziamento, l'ultima cosa che il capo vuole sentirsi dire è che il dipendente che sta pagando per essere lì è annoiato. Se non ha qualcosa da fare al lavoro dovrebbe chiedere qualcosa da fare, o sedersi in silenzio e aspettare un altro incarico.
Non è motivo di allontanamento, ma la politica non dovrebbe trovare posto in ufficio e nelle conversazioni con il proprio capo. Quest'ultimo non condivide necessariamente le convinzioni del lavoratore su come dovrebbe essere gestito il Paese e se le differenze sono sufficienti per porre fine a una relazione personale, allora sono sicuramente sufficienti per rovinarne una funzionante.
A proposito, non si dovrebbe bere sul lavoro e sicuramente non si dovrebbe fare sul lavoro con il capo. L'alcool altera il giudizio, attenua i tuoi sensi e fa commettere errori ed è da evitare in un ambiente di lavoro.