C'è la cessione del credito tra gli strumenti fiscali a cui i contribuenti italiani fanno maggior ricorso. In estrema sintesi la normativa in vigore consente di cedere a terzi il credito Iva annuale chiesto a rimborso e non quello riportato all'anno successivo e né il rimborso infrannuale.
Il fisco può eventualmente richiedere gli importi che siano stati rimborsati per errore anche al cessionario del credito, al netto della facoltà di correzione della dichiarazione e di irrogazione delle sanzioni nei confronti di colui che ha ceduto il credito. Quest'ultimo può insieme al cessionario evitare di versare quanto indebitamente rimborsato con una valida garanzia fino a quando l'accertamento fiscale diventa definitivo.
Infine, dal punto di vista formale, la cessione del credito deve essere redatta per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, oltre che notificata all'Ufficio finanziario e al concessionario della riscossione. Insomma, come è possibile notare, la procedura è piuttosto articolata e l'impressione è che siano ampi spazi per avviare una procedura di semplificazione.
Ma entriamo maggiormente nei dettagli e vediamo cosa significa cessione credito Iva con una spiegazione facile e completa che tenga conto dei vari aspetti. Analizziamo perciò
Con estrema semplicità, la cessione del credito è un accordo tra le parti in base alle quali la prima (il cedente) trasferisce alla seconda (il cessionario) il suo credito verso un debitore (il ceduto).
Tra i diritti di credito che possono essere ceduti rientra anche l'Iva, ma ci sono alcune condizioni preliminari che devono essere soddisfatte. In linea generale occorre da una parte disporre della titolarità della posizione soggettiva da cedere e dall'altra la disponibilità della posizione soggettiva da parte del titolare.
Ancora più nello specifico è necessaria la richiesta di rimborso da parte del cedente con la presentazione della dichiarazione Iva annuale o infrannuale.
E in ogni caso le norme in vigore fissano in 700.000 euro la quota massima di rimborso del credito Iva che può essere richiesta. A quel punto è possibile sottoscrivere l'accordo che deve necessariamente contenere alcune voci imprescindibili: l'oggetto del contratto, l'importo del credito ceduto, l'obbligo di notifica della cessione al debitore.
Il tutto da mettere nero su bianco su una scrittura privata autenticata dal notaio o su un atto pubblico. Chiusa questa articolata fase burocratica, l'Agenzia delle entrate passa all'atto formale ovvero il rimborso dell'importo al cessionario.
Non è comunque necessario avviare la procedura per la cessione di tutto il credito Iva poiché questa opzione viene concessa anche per la cessione parziale. Tuttavia, come precisato dal fisco, l'Iva da cedere non può essere frazionata tra più cessionari.
Dal punto di vista pratico, la richiesta di rimborso va fatta attraverso il quadro dedicato della dichiarazione Iva. Il creditore che cedente l'Iva conserva l'obbligo di notificare all'Agenzia dell'entrate il passaggio.
Un aspetto di cui tenere conto è l'uniformità dell'applicazione di questa procedura perché vale in tutti i casi, anche per piccoli importi. Il punto di partenza è comunque l'articolo 1260 del Codice civile, secondo cui il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale, o il trasferimento non sia vietato dalla legge.
Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.
L'operazione può essere effettuata pro-soluto se il cedente non garantisce al cessionario la solvibilità del debitore, ma solo l'esistenza e la validità del credito. Oppure pro-solvendo se il cedente risponde dell'eventuale insolvenza del debitore.