Secondo la Cassazione, il lavoratore non può rifiutare le vaccinazioni se previsto dalla legge. Le misure di sicurezza vanno attuate dal datore di lavoro anche contro la volontà del lavoratore.
La questione della vaccinazione obbligatoria in azienda continua a essere estremamente delicata. Da una parte c'è infatti la tutela della salute dei lavoratori, già abbondantemente prevista dalle norme in vigore. Dall'altra ci sono invece i precedenti giurisprudenziali da cui non si può prescindere. Perché anche se adesso si discute con molta intensità sull'obbligo di vaccinazione in azienda, già in passato i giudici della Corte di Cassazione sono stati chiamati a pronunciarsi sulla materia.
E se alcune pronunce rappresentano da tempo un punto fermo, altre hanno arricchito la discussione. Vediamo allora da vicino quali sono le sentenze più interessanti, facendo anche chiarezza sulle conseguenze che ne sono derivate:
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Abbiamo accennato alle sentenze più importi della Corte di Cassazione in merito all'obbligo vaccinale in aziendale. Ebbene, collegandosi alla disposizione costituzionale per cui nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, per la sezione Penale della Corte di Cassazione (2005) poiché il diritto alla salute ha natura indisponibile, il lavoratore non può rifiutare le vaccinazioni se sia previsto dalla legge.
Si tratta quindi della conferma della possibilità di introdurre questa possibilità. E non sfugge una delle più note sentenze, risalente al 1991, per cui le misure di sicurezza vanno attuate dal datore di lavoro anche contro la volontà del lavoratore.
Secondo la sezione Lavoro della Corte di Cassazione (2018), in tema di vaccinazioni antipolio, la tutela indennitaria va estesa anche ai vaccini raccomandati, in considerazione delle reiterate campagne di comunicazioni pro-vaccini. In pratica è compito della collettività sostenere l'onere della riparazione dei pregiudizi individuali.
Sempre la sezione Lavoro della Cassazione (2017) ha stabilito che per il riconoscimento del diritto al beneficio assistenziale derivante da menomazioni psico-fisiche la prova a carico dell'interessato ha ad oggetto la terapia trasfusionale o la somministrazione dei vaccini, il verificarsi di danni e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica.
Altrettanto interessante è una sentenza emessa lo stesso anno per cui in caso di azione risarcitoria per danni provocati da vaccini, la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto l'effettuazione della somministrazione vaccinale e il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica
A chi spetta valutare il rischio infettivo della malattia e dunque l'obbligo vaccinale? Al medico competente che in caso positivo può esprimere il giudizio d'idoneità alla mansione specifica. Al contrario deve formulare un giudizio d'idoneità alla mansione specifica con la limitazione di esclusione delle operazioni che possano comportare il contatto con l'agente biologico verso il quale il lavoratore non è immune. Se il lavoratore presenta controindicazioni alla vaccinazione, verifica se esse costituiscano controindicazioni permanenti o temporanee alla vaccinazione.
Qual è la differenza tra vaccinazione obbligatoria e vaccinazione come raccomandazione? La prima è indispensabile per svolgere uno specifico lavoro ed è dunque necessarie o per alcune categorie ben specifiche così come per mansioni particolari. L'obbligo di verifica è in capo al datore di lavoro. Nel caso della vaccinazione come raccomandazione, si tratta di un suggerimento per svolgere il lavoro in sicurezza. A differenza del caso precedente, la verifica spetta al medico competente.