La Corte di Cassazione con recenti sentenze in ambito medico ha chiarito quali sono i casi specifici, da danno a neonati durante il parto e violazione del consenso informato, in cui i medici devono pagare per risarcimenti danni previa dimostrazione della causalità fra il danno subito e la condotta del medico, anche tramite presunzione.
Gli errori medici continuano ad essere in diverse occasione causa di morte di pazienti. Negli Usa, addirittura, gli errori medici rappresentano la terza causa di morte nel Paese e si tratta, tanto Oltreoceano quanto nel nostro Paese, di una situazione che permette alle vittime di errori o di familiari superstiti nei casi di decesso a causa di errore medico di richiedere risarcimenti, che in alcune circostante e in base alla gravità dell’errore possono essere anche piuttosto ingenti. Quando i medici devono pagare i risarcimenti per errori medici?
Ci sono errori medici che possono anche essere soprasseduti, di lieve, lievissima entità, ma si sono anche errori medici, come esami non prescritti che avrebbero potuto salvare la vita o la qualità della vita del paziente, interventi sbagliati, diagnosi fatte in ritardo, esami non prescritti che possono pregiudicare la vita stessa del paziente e sono casi in cui spesso i medici si trovano a dover rispondere a richieste di risarcimento dei danni.
A chiarire quando e in quali casi i medici sono tenuti a pagare i risarcimenti per errori medici è stata la Corte di Cassazione con recenti sentenze 2019-2020. In particolare, stando a quanto previsto dalla Cassazione, i medici sono tenuti al risarcimento danni nei seguenti casi:
In ogni caso, ha precisato la Cassazione, per riuscire ad ottenere il risarcimento danni per errore medico, il paziente che lo richiedere deve assolutamente provare il nesso di causalità fra il danno subito e la condotta del medico, anche tramite presunzione.
Il risarcimento danni per errori medici subiti dai pazienti possono essere richiesti direttamente al medico responsabile del danno provocato o all’ente ospedaliero, in virtù del rapporto esistente tra il dipendente e l’ente stesso.