Quando si tratta di malattie croniche e del rapporto con il lavoro, c'è spesso molta confusione poiché si fa riferimento a patologie che hanno pochi punti in comune tra decorsi, insorgenza e sintomi. Il punto di riferimento italiano è naturalmente il Ministero della Salute che ha elaborato il Piano nazionale cronicità.
In questo documento sono presenti varie patologie croniche con l'obiettivo di offrire una vera e propria guida per i cittadini, anche in ottica lavorativa. Un altro punto di riferimento sono i Livelli essenziali di assistenza, conosciuti come Lea, indicati in un apposito decreto della Presidenza del Consiglio. Sono importanti perché fanno scattare il diritto all'esenzione dal ticket sanitario.
La lista delle malattie croniche si è ampliata negli anni e attualmente sono 64 le patologie riconosciute come tali. Vediamo in questo articolo quali sono i diritti garantiti ai lavoratori con malattie croniche, come tutelare la propria posizione lavorativa e quali strumenti di flessibilità possono favorire la conciliazione tra cura e lavoro.
Prima di approfondire il rapporto tra malattie croniche e lavoro, è utile ricordare cosa prevede la normativa italiana ed europea in materia. Il Piano nazionale cronicità considera diverse patologie tra cui asma in età evolutiva, insufficienza respiratoria in età evolutiva, malattie cardiovascolari croniche (insufficienza cardiaca), malattie endocrine in età evolutiva, malattie intestinali croniche (rettocolite ulcerosa e malattia di Crohn), malattie neurodegenerative (malattia di Parkinson e parkinsonismi), malattie renali croniche e insufficienza renale, malattie renali croniche in età evolutiva, malattie respiratorie croniche (BPCO e insufficienza respiratoria), malattie reumatiche croniche (artrite reumatoide e artriti croniche in età evolutiva).
Il decreto aggiornato della Presidenza del Consiglio sui Livelli essenziali di assistenza ha inoltre riconosciuto altre importanti patologie: rene policistico autosomico dominante, endometriosi, osteomielite cronica, bronco-pneumopatia cronico ostruttiva, patologie renali croniche e sindrome da talidomide.
La condizione essenziale affinché vengano riconosciuti i diritti sul lavoro è che la malattia cronica sia accertata dalla Commissione medica dell'Azienda sanitaria locale competente. Superato questo passaggio, i lavoratori possono beneficiare di numerose tutele:
Negli ultimi anni, la normativa italiana ha recepito il concetto di "accomodamento ragionevole" previsto dalla Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità. L'art. 3, comma 3-bis del D.lgs. n. 216/2003 (introdotto dal D.L. n. 76/2013) prevede che i datori di lavoro pubblici e privati sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro per garantire alle persone con disabilità la piena eguaglianza con gli altri lavoratori.
Gli accomodamenti ragionevoli non sono solo modifiche fisiche all'ambiente di lavoro, ma comprendono anche:
La Corte di Giustizia Europea, nella sentenza Danmark (cause riunite C-335/11 e C-337/11), ha chiarito che le malattie croniche di lunga durata che comportano limitazioni possono essere equiparate alla disabilità ai fini della tutela antidiscriminatoria, e che la riduzione dell'orario di lavoro può costituire un accomodamento ragionevole.
Un tema particolarmente delicato riguarda la tutela contro il licenziamento. Le persone con malattie croniche sono protette attraverso diversi meccanismi:
Periodo di comporto esteso: molti contratti collettivi prevedono un prolungamento del periodo di comporto (il periodo durante il quale il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto in caso di malattia) per i lavoratori affetti da patologie croniche od oncologiche. È importante verificare quanto previsto dal proprio CCNL.
Divieto di discriminazione: il licenziamento basato esclusivamente sulla condizione di malattia cronica può configurare una discriminazione, soprattutto quando la patologia viene equiparata alla disabilità secondo i criteri europei.
Obbligo di repêchage: prima di procedere al licenziamento per sopravvenuta inidoneità, il datore di lavoro deve verificare la possibilità di adibire il lavoratore a mansioni diverse compatibili con le sue residue capacità lavorative.
Licenziamento per superamento del periodo di comporto: in caso di assenze prolungate, il datore di lavoro può procedere al licenziamento solo le tempistiche previste dal periodo di comporto. Tuttavia, per le malattie croniche molti CCNL prevedono che i giorni di assenza per terapie salvavita non rientrino nel calcolo del periodo di comporto.
Per favorire la permanenza al lavoro delle persone con malattie croniche, sono disponibili diversi strumenti di flessibilità: