Per infortunio sul lavoro, esattamente come accade nei casi di malattia, il lavoratore ha diritto a mantenere il suo posto di lavoro anche nel caso in cui superi il cosiddetto periodo di tempo del comporto, che è fissato specificatamente dai singoli Contratti collettivi nazionali di lavoro, a patto che l’incidente avvenga sul lavoro e vi sia responsabilità del datore di lavoro.
Le assenze del dipendente dal posto di lavoro per infortunio sul lavoro, così come nei casi di malattia, prevedono per lo stesso lavoratore la possibilità di conservare il suo posto di lavoro come previsto dall’articolo 2110 del Codice civile per determinati periodi di tempi che vengono solitamente fissati dai diversi CCNL.
Il periodo di diritto di conservazione del posto di lavoro è il cosiddetto periodo di comporto. Sono due le tipologie di periodo di comporto: si parla infatti, di comporto secco, quando si fa riferimento al periodo massimo di conservazione del posto in presenza di un’unica malattia o di un evento di infortunio, e di comporto per sommatoria, quando si fa riferimento al periodo massimo di conservazione del posto in presenza di più episodi di malattia o infortuni sul lavoro.
Quali sono le regole 2022 di calcolo del comporto per infortunio sul lavoro?
Le assenze per infortunio o per malattia vengono calcolate nel periodo di comporto, la cui durata massima è solitamente stabilita nei Contratto Collettivi nazionali di Lavoro che regolano ogni comparto lavorativo, per cui nei casi di assunzione è bene leggere cosa dice a riguardo il proprio contratto di lavoro.
Le regole 2022 prevedono la possibilità per il lavoratore che si infortuna durante il lavoro di assentarsi dal lavoro per un determinato periodo di tempo massimo, nel corso del quale continua a percepire la retribuzione Concluso il periodo di comporto, se il lavoratore non si presenta a lavoro, il datore di lavoro non può licenziare il lavoratore.
Secondo quanto deciso dalla Corte di Cassazione se, infatti, per superamento del periodo di comporto nei casi di malattia il licenziamento è assimilabile al licenziamento disciplinare per giustificato motivo oggettivo, nei casi di infortunio sul lavoro non si può licenziare.
Licenziare il lavoratore al termine del periodo di comporto per normale infortunio non è un obbligo ma è una scelta che tocca al datore di lavoro. Si può, infatti, decidere di proseguire il rapporto di lavoro pur quando il lavoratore supera il periodo di comporto a lavoro.
Nei casi di infortunio sul lavoro, invece, non si può licenziare il dipendente in caso di superamento del periodo di comporto se, come deciso dalla Corte di Cassazione, l’assenza per malattia dipende da un infortunio sul lavoro per cui serve un lungo periodo necessario per la guarigione clinica.
Stando a quanto previsto dalla Corte di Cassazione, le assenze del lavoratore dovute ad infortunio sul lavoro o malattia professionale, perchè riconducibili allo svolgimento del lavoro stesso e purchè sussista una responsabilità del datore di lavoro non vengono calcolate nel periodo di comporto.
Non si calcola, dunque, l’infortunio sul lavoro se l’evento è collegato allo svolgimento dell'attività lavorativa ma se sussiste anche la responsabilità del datore di lavoro, risultando inadempiente all’attuazione di tutte le misure necessarie garantire sicurezza fisica e morale del lavoratore.
Prendendo il caso di un lavoratore che durante il lavoro si è infortunato riportando una frattura scomposta della rotula del ginocchio destro e lesione del tendine peri rotuleo e che stia facendo terapie per il recupero, ma che al termine del periodo di comporto non sarà ancora effettivamente guarito tanto da porte tornare a lavoro e svolgere le sua mansioni, non rischia il licenziamento perché si tratta di infortunio.
Nei casi di assenza dal lavoro per infortunio sul lavoro, la retribuzione economica viene riconosciuta per tutto il periodo di astensione dal lavoro con esclusione di ogni altro compenso accessorio.