Le polizze vita sono pignorabili nel caso di sottoscrizione del contratto dopo la formazione di un debito. Il dubbio che si possa trattare di un espediente per danneggiare creditori o eredi diventa reale e dunque la polizza potrebbe essere pignorata.
La polizza vita è uno strumento finanziario che assicura una certezza economica per il futuro per se se stessi o per i propri cari. È un'assistenza monetaria generalmente concepita per il pensionamento, il decesso, una malattia grave o qualsiasi altra eventualità. La polizza è una sorta di contratto, in cui sono stabiliti tutti i benefici, le condizioni e i termini dell'assicurazione sulla vita.
Si tratta di un vero e proprio accordo tra due parti: una persona fisica e una compagnia di assicurazioni. Come tale è soggetto a regole ben precise, tra cui quella relativa alla impignorabilità. Facciamo chiarezza in base alle leggi 2022-2023, tra l'altro più volte aggiornate anche in seguito a importante decisioni della Corte di Cassazione. Approfondiamo meglio:
Quando sono impignorabili le polizze vita
Leggi 2022-2023 sull'impignorabilità delle polizze vita
La normativa in vigore sulle polizze vita sembra parlare estremamente chiaro: questi strumenti finanziari sono impignorabili e insequestrabili. Dinanzi a una affermazione così netta non sembra esserci spazio per alcun margine di manovra. In realtà una circostanza di questo tipo presenterebbe alcuni profili critici in quanto le polizze vita potrebbero rappresentare uno strumento per la protezione del patrimonio ai danni dei propri creditori.
Ecco quindi che bisogna andare oltre e considerare le eccezioni alla regola dell'impignorabilità che le stesse norme hanno già previsto. Nello specifico, le polizze vita sono impignorabili fino al punto in cui chi l'ha sottoscritta non ha come obiettivo quello di danneggiare un creditore o un erede. In caso contrario, anche questo strumento finanziario può essere pignorata così come sequestrata.
Provando a fare un esempio concreto di questa differenza ovvero del limite da non superare, se la polizza vita viene sottoscritta prima dell'accensione di un debito, il sospetto che la volontà sia proprio quella di danneggiare un creditore o un erede viene a cadere e la polizza resta impignorabile.
Succede esattamente l'opposto nel caso di sottoscrizione del contratto dopo la formazione di un debito. Il dubbio che si possa trattare di un espediente diventa più evidente e dunque la polizza potrebbe essere pignorata.
Punto di riferimento è allora l'articolo 1923 del Codice civile, secondo cui le somme dovute dall'assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare. Sempre la medesima disposizione precisa che sono salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori e quelle relative alla collazione, all'imputazione e alla riduzione delle donazioni.
Più volte la Cassazione è intervenuta in materia, innanzitutto precisando che se la compagnia assicuratrice ha versato al fallito, dopo la dichiarazione di fallimento, gli importi dovuti a titolo di riscatto in relazione al contratto di assicurazione sulla vita stipulato, il pagamento non assume funzione previdenziale e non rientra tra i crediti impignorabili.
Allo stesso tempo, i giudici avevano precisato che in tema di contratto di assicurazione sulla vita, alla dichiarazione di fallimento del beneficiario non consegue lo scioglimento del contratto, né il curatore può agire contro il terzo assicuratore per ottenere il valore di riscatto della relativa polizza stipulata dal fallito non rientrando questa fonte di entrata tra i beni compresi nell'attivo fallimentare, considerata la funzione previdenziale riconoscibile al contratto, non circoscritta alle sole somme corrisposte a titolo di indennizzo o risarcimento.