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Normativa videosorveglianza aziendale sui luoghi e posti di lavoro 2025, cosa prevede? E sanzioni possibili

Videosorveglianza in azienda solo su apposita autorizzazione e rispettando regole specifiche: cosa prevedono leggi in vigore e chiarimenti

Autore: Marianna Quatraro
pubblicato il
e aggiornato con informazioni attualizzate il
Normativa videosorveglianza aziendale su

La videosorveglianza aziendale garantisce la sicurezza negli ambienti di lavoro e la tutela del patrimonio. Tuttavia, la sua implementazione richiede una rigorosa osservanza della normativa vigente, al fine di bilanciare le esigenze di prevenzione e controllo con il rispetto della privacy e della dignità dei lavoratori. Le recenti evoluzioni legislative, insieme ai chiarimenti forniti dal Garante per la protezione dei dati personali e dalle autorità competenti, impongono all’impresa di adottare misure tecniche e organizzative adeguate, oltre ad ottenere le specifiche autorizzazioni previste.

Normativa di riferimento per la videosorveglianza nei luoghi di lavoro

La sorveglianza video in azienda è regolata da un quadro normativo articolato e multidisciplinare. La normativa principale include:

  • Articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori (Legge 300/1970): Vietato l’uso di impianti audiovisivi per il controllo a distanza dei lavoratori, fatto salvo quanto richiesto da esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e tutela del patrimonio aziendale. L’installazione è ammessa solo nei limiti autorizzati da accordo sindacale o previo provvedimento dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
  • Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e D.Lgs. 196/2003 (Codice Privacy): la raccolta di immagini è considerata trattamento dati personali e comporta precisi obblighi informativi e di sicurezza.
  • Provvedimento Generale del Garante Privacy dell’8 aprile 2010 e le Linee guida EDPB 3/2019 sul trattamento dei dati tramite dispositivi video.
  • Circolare INL n. 5/2018: Chiarisce le modalità operative per autorizzazione, installazione e utilizzo degli impianti.

Le norme mirano a evitare che il sistema sia usato per una vigilanza indiscriminata sull’attività lavorativa, ribadendo che la videosorveglianza può avvenire solo per giustificati motivi organizzativi, di sicurezza o per proteggerne beni e persone.

Autorizzazioni e procedure, accordo sindacale o autorizzazione ispettiva

L’attivazione di impianti di videosorveglianza all’interno dei luoghi di lavoro presuppone il rispetto di stringenti procedure. In particolare:

  • L’imprenditore deve definire le finalità della videosorveglianza, documentare le specifiche esigenze e assicurare la minimizzazione delle aree e delle immagini riprese.
  • È richiesta la stipula di un accordo collettivo con le rappresentanze sindacali (RSU o RSA). In assenza di rappresentanze sindacali, l’installazione può avvenire solo su autorizzazione dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro competente per territorio.
  • Modifiche all’impianto, come spostamenti o inserimento di nuove telecamere, richiedono un aggiornamento della documentazione e una nuova autorizzazione.
  • Il consenso dei lavoratori, anche se espresso in forma scritta, non è sufficiente e non solleva il datore di lavoro dalle responsabilità previste dalla normativa.

Privacy e protezione dei dati personali, obblighi informativi

Il trattamento delle immagini raccolte dai sistemi di videosorveglianza integra, a tutti gli effetti, un trattamento di dati personali, in conformità al GDPR.

  • Informativa minima tramite cartellonistica: Devono essere affissi, prima dell’accesso all’area videosorvegliata, cartelli ben visibili che informano su presenza e finalità delle telecamere. Il modello di informativa semplificata suggerito dal Garante è disponibile online.
  • Informativa estesa (art. 13 GDPR): Deve essere messa a disposizione degli interessati in forma facilmente accessibile (es. tramite bacheca, sito aziendale o intranet), contenente tutte le informazioni previste dalla legge.
  • Principio di minimizzazione: Le riprese devono essere limitate alle aree strettamente necessarie, evitando luoghi sensibili come spogliatoi o bagni.
  • L’accesso alle immagini deve essere limitato al minor numero di incaricati possibile e tracciato.

L’azienda è tenuta a effettuare una valutazione d’impatto (DPIA) quando esiste un rischio elevato per i diritti e le libertà degli interessati, come richiesto dagli artt. 35 e 36 del GDPR.

Finalità legittime e limiti all’installazione: casi ammessi e divieti

La videosorveglianza può essere legittimamente installata e utilizzata solo al verificarsi di almeno uno dei seguenti presupposti:

  • Tutela della sicurezza dei lavoratori e dei visitatori nei luoghi aziendali.
  • Protezione del patrimonio aziendale e prevenzione di crimini, furti o atti vandalici.
  • Esigenze produttive e organizzative oggettivamente giustificate.

Resta vietato qualsiasi utilizzo per il mero controllo a distanza dell’operato dei dipendenti e le immagini raccolte non possono essere utilizzate come prova in procedimenti disciplinari, salvo il caso di accertamento di reati o illeciti gravi (cosiddetti “controlli difensivi”). È vietato riprendere aree di proprietà di terzi o spazi pubblici, salvo autorizzazione dell’ente competente.

Criteri tecnici per l’installazione, posizionamento e sicurezza dell’impianto

La progettazione tecnica del sistema di videocontrollo deve essere guidata dal principio di proporzionalità, minimizzazione e sicurezza fin dalla fase di progettazione (privacy by design e by default, art. 25 GDPR):

  • Scelta mirata dei punti di installazione per evitare riprese indiscriminate o potenzialmente lesive della dignità delle persone.
  • Adozione di misure tecniche (es. crittografia, firewall, autenticazione robusta) per proteggere le immagini da accessi non autorizzati e violazioni.
  • Manutenzione e aggiornamenti periodici dell’impianto con contestuale aggiornamento della documentazione e delle nomine per il trattamento dati.
  • Evita la registrazione delle immagini nelle aree vietate, come bagni o spogliatoi.

La conservazione delle immagini è normalmente limitata a un periodo molto breve: 24 o 48 ore, estendibile solo in presenza di “speciali esigenze” (festività, chiusure aziendali prolungate, richieste dell’autorità giudiziaria).

Gestione, accesso e conservazione dei dati raccolti dalle telecamere

Il titolare del trattamento dei dati (normalmente il legale rappresentante dell’azienda) ha l’obbligo di:

  • Formalizzare le nomine degli incaricati (interni o esterni) con istruzioni chiare e dettagliate.
  • Regolare con contratti specifici la gestione da parte di terzi (es. installatori, società di vigilanza) nominati Responsabili del trattamento dati ai sensi dell’art. 28 GDPR.
  • Predisporre procedure per la gestione delle richieste di accesso alle immagini, come previsto dall’art. 15 GDPR e dalla normativa nazionale.
  • Gestire le immagini con sistemi che garantiscano la cancellazione automatica al termine del periodo di conservazione stabilito.

L’eventuale comunicazione o diffusione dei dati è ammessa esclusivamente nei casi previsti dalla legge e sotto il controllo delle autorità preposte.

Sanzioni e responsabilità: rischi per il datore di lavoro

La violazione delle norme sulla videosorveglianza comporta:

  • Sanzioni penali (art. 38 Legge 300/1970): ammenda da 154 a 1.549 euro o arresto fino a un anno, anche congiunti.
  • Sanzioni amministrative GDPR: fino a 20 milioni di euro o il 4% del fatturato globale annuo per le imprese più grandi.
  • Prescrizione e rimozione degli impianti non autorizzati su ordine dell’Ispettorato del Lavoro, oltre alla possibilità di regolarizzare la situazione entro termini previsti dalla legge.
  • Sanzioni specifiche in caso di omessa informativa (da 6.000 a 36.000 euro) o di conservazione delle immagini oltre i limiti consentiti.

Le responsabilità interessano sia il titolare del trattamento, sia gli incaricati interni o i responsabili esterni che non rispettano le prescrizioni normative.

FAQ e casi particolari sulla videosorveglianza aziendale

  • È ammessa la videosorveglianza occulta? Solo in casi eccezionali e come extrema ratio, in presenza di fondati sospetti di reato (es. gravi furti), previa valutazione della proporzionalità e limitazione temporale e spaziale della misura, come precisato dalla CEDU e dal Garante.
  • Che succede se si cambiano le telecamere o si modifica l’impianto? Ogni modifica rilevante (spostamento, aggiunta, variazione delle aree riprese o tempi di conservazione) impone l’aggiornamento della documentazione e può richiedere una nuova autorizzazione.
  • Esistono limiti temporali alla conservazione delle immagini? Sì: la prassi è di 24-72 ore; sono ammesse eccezioni solo se opportunamente motivate e giustificate.
  • Come va gestita la cartellonistica? Deve informare chiaramente dipendenti e visitatori, essere ben visibile prima dell’ingresso nell’area ripresa e riportare i dati di contatto del titolare del trattamento.

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