Il pignoramento della pensione rappresenta una misura eccezionale di espropriazione forzata, che mira a tutelare allo stesso tempo i diritti dei creditori e la dignità del debitore pensionato. In Italia, la normativa vigente delinea criteri rigorosi per individuare i casi in cui tale misura è consentita e i relativi limiti, con particolare attenzione ai trattamenti previdenziali e assistenziali. .
Il pignoramento della pensione è una procedura esecutiva disciplinata dagli articoli 545 e 543 del Codice di Procedura Civile che consente al creditore, previa autorizzazione giudiziale, di ottenere una trattenuta diretta di parte dell’importo pensionistico versato mensilmente dall’INPS o da altro ente previdenziale. L’atto di pignoramento viene notificato sia all’ente erogatore sia al debitore: da quel momento l’ente è tenuto a versare la somma individuata direttamente al creditore secondo quanto stabilito dal giudice. Il pignoramento può avvenire “alla fonte” (ossia prima dell’accredito sul conto corrente) oppure su somme già depositate su un conto, fattore che incide notevolmente sulle regole applicabili e sui limiti impignorabili.
La normativa pone una forte enfasi sulla tutela del cosiddetto minimo vitale, ossia quella parte della pensione considerata necessaria per garantire la sopravvivenza dignitosa della persona. Il pignoramento su trattamenti previdenziali può essere autorizzato solo se il pensionato non abbia rispettato obblighi di pagamento rilevanti verso privati, banche, finanziarie, pubblica amministrazione, Agenzia Entrate-Riscossione o nel caso di crediti alimentari.
A decorrere dal 2025, la porzione di pensione non pignorabile è determinata dalla normativa aggiornata a seguito del D.L. 9 agosto 2025, n. 115 e successive modificazioni. Attualmente, il minimo impignorabile viene fissato al doppio della misura massima mensile dell’assegno sociale, con un limite minimo assoluto di 1.000 euro. Nel 2025, con l’assegno sociale che ha raggiunto il valore di 715,16 euro mensili, la soglia impignorabile sale a 1.430,32 euro. Su questa parte della pensione non può essere esercitata alcuna azione esecutiva, fatta eccezione per i crediti alimentari, per i quali il giudice può valutare diversamente.
È importante sottolineare che la parte della pensione eccedente la soglia del “minimo vitale” può essere pignorata entro i limiti indicati all’art. 545 c.p.c.:
Simulazione calcolo importo pignorabile:
Supponiamo una pensione lorda di 1.800 euro/mese. La parte sopra la soglia impignorabile è 1.800 - 1.430,32 = 369,68 euro. Il quinto di questo importo, ovvero 73,94 euro, è la cifra teorica massima mensile pignorabile per debiti ordinari.
La legge distingue nettamente tra trattamenti previdenziali e prestazioni di assistenza. Sono pignorabili:
Non possono invece essere oggetto di pignoramento ai sensi degli artt. 545 e 669 c.p.c.:
Per le pensioni di invalidità a carattere previdenziale, il pignoramento è ammesso solo in caso di crediti alimentari, previa autorizzazione motivata da parte del presidente del Tribunale o giudice delegato.
Il procedimento prende avvio da un titolo esecutivo (decreto ingiuntivo, sentenza passata in giudicato, atto pubblico). Il creditore presenta ricorso al tribunale competente, che può autorizzare il pignoramento individuando la trattenuta massima mensile sulla base della normativa illustrata. L’ente previdenziale riceve una notifica e, a quel punto, è obbligato a versare periodicamente la somma stabilita al creditore fino a integrale soddisfo del credito, informando il debitore sulle operazioni effettuate.
Qualora il pensionato ritenga che la trattenuta superi i limiti di legge, può proporre opposizione (ex art. 617 c.p.c.) entro venti giorni dalla prima notifica o entro venti giorni dal primo atto esecutivo che ritiene lesivo. Motivi di opposizione fondati possono essere:
Il pensionato ha inoltre diritto di opporsi alla procedura se i crediti sono prescritti o non esiste un valido titolo esecutivo. È consigliato rivolgersi tempestivamente a un avvocato esperto in diritto esecutivo.
Il pignoramento delle somme già depositate sul conto corrente del pensionato prevede un regime speciale. In questo caso, la parte impignorabile corrisponde al triplo dell’assegno sociale mensile (nel 2025: 2.145,48 euro). Un esempio pratico: se al momento della notifica il saldo è di 2.700 euro, solo su 554,52 euro potrà essere calcolato il prelievo di un quinto.
Questa misura concerne soltanto le somme provenienti da trattamenti pensionistici accreditati prima della notifica di pignoramento. Le successive mensilità verranno gestite secondo la procedura ordinaria, ossia con prelievo alla fonte da parte dell’ente erogatore.
Quando vi sono più crediti di natura diversa (ad esempio, debito alimentare + tributi + debito bancario), la legge prevede la possibilità di accumulare più pignoramenti con un tetto massimo: la somma delle trattenute non può complessivamente superare il 50% dell’importo mensile del trattamento pensionistico. Se invece i crediti hanno la medesima natura, si procede in ordine cronologico di presentazione delle domande e il creditore successivo dovrà attendere che si esaurisca il pignoramento precedente.
Nel 2025, accanto alle disposizioni generali permanenti, si registrano aggiornamenti di particolare rilievo. Oltre all’aumento dell’importo dell’assegno sociale, il quadro normativo conferma la tutela rafforzata per le prestazioni assistenziali (assegno sociale, invalidità civile, indennità di accompagnamento). Inoltre, recenti sentenze ribadiscono la responsabilità dell’ente previdenziale nella corretta applicazione dei limiti, obbligando l’INPS a verificare d’ufficio la capienza della pensione rispetto alla soglia di impignorabilità, anche in caso di contenzioso tra le parti.
Fonti normative principali: art. 545 c.p.c., D.L. 115/2025 convertito in L. 142/2025, circolari INPS e costante giurisprudenza di merito e legittimità aggiornata al 2025.