Al pari di quanto accade con tutti gli altri lavoratori, alla scadenza del contratto il datore può liberamente decidere se rinnovare o meno il contratto della lavoratrice incinta. A differenza di quanto accade con il resto dei lavoratori, le donne in attesa sono protette ovvero non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino. E non è la sola tutela.
Con l'attuale precarietà del mondo del lavoro le incertezze su diritti e doveri sono all'ordine del giorno. Ma ci sono alcune categorie che, quasi per definizione, soffrono in misura maggiore la poca stabilità occupazionale di questi anni.
Pensiamo ad esempio alle lavoratrici incinte con contratto a tempo determinato, i rischi di mancato rinnovo dell'accordo alla scadenza oppure di licenziamento sono reali?
O meglio, il datore di lavoro può non rinnovare il contratto a tempo determinato di una lavoratrice in gravidanza? E può licenziarla al pari di quanto accade con gli altri lavoratori oppure sono previste tutele speciali?
Sono domande a cui rispondiamo in questo articolo, senza dimenticare che nella vita reale le circostanze possono essere anche più complesse.
Immaginiamo ad esempio il caso delle lavoratrici in maternità a cui è stato già rinnovato il contratto più volte ma che nel caso di rinnovo successivo verrebbero assunte a tempo indeterminato. Per alcuni datori la gravidanza non è un dono ma una minaccia e di conseguenza preferiscono licenziare. Vediamo quindi
La prima questione che affrontiamo è tra le più delicate e riguarda il licenziamento di lavoratrice incinta prima della scadenza del contratto a tempo determinato. La normativa in vigore prevede una tutela supplementare sia per il settore pubblico e sia per quello privato.
A differenza di quanto accade con il resto dei lavoratori, le donne in attesa sono protette ovvero non possono essere licenziate dall'inizio del periodo di gravidanza e fino al compimento di un anno di età del bambino. Si tratta di una disposizione che ha quasi 20 anni di vita, a dimostrazione dell'estrema attenzione che l'attenzione riscuote in Italia.
Le parole non sono però sufficienti per mettersi al riparo dal provvedimento di allontanamento del datore di lavoro. Per fare scattare il cosiddetto periodo protetto è infatti necessario il certificato di gravidanza che la lavoratrice deve farsi rilasciare dal proprio medico.
Solo dopo averlo inviato al datore può scongiurare il tentativo di licenziamento. A completamento delle misura a tutela delle lavoratrici in gravidanza ricordiamo anche la possibilità di accedere al congedo di maternità anticipato prima dell'astensione obbligatoria.
Può farlo se le mansioni che svolge sono particolarmente faticose e dunque non compatibili con lo stato di gravidanza oppure nel caso di problemi di salute per la lavoratrice o per il bambini che porta in grembo.
Altrettanto delicata è la questione delle lavoratrici incinte con contratto in scadenza di lavoro dipendente a tempo determinato. Con la presentazione del certificato di gravidanza è previsto il diritto alla proroga del contratto di lavoro?
A differenza del licenziamento in cui è prevista una tutela supplementare, in questo caso non c'è alcun diritto. Al pari di quanto accade con tutti gli altri lavoratori, alla scadenza del contratto il datore può liberamente decidere se rinnovare o meno il contratto.
Tuttavia c'è un altro aspetto da mettere in luce ed è quello del diritto al pagamento dell'indennità di maternità. La facilitazione economica è prevista se l'inizio del periodo di congedo obbligatorio per maternità ovvero due mesi prima della data presunta del parto, avvenga durante il rapporto di lavoro oppure entro 60 giorni dall'ultimo giorno di lavoro.
La lavoratrice ha diritto a 5 mesi di indennità di maternità sulla base del principio della protezione assicurativa. C'è però una differenza tra pubblico e privato perché l'indennità di maternità viene pagata nel primo caso dall'amministrazione e nel secondo dall'Inps.
Non mutano invece né l'importo e né la durata, a dimostrazione della parità di trattamento assicurata a tutte le lavoratrici in Italia.