Si applica il principio del cumulo. Il reddito da secondo lavoro si somma con il primo per formare l'Irpef complessiva su cui pagare le tasse.
Perché non provare ad arrotondare lo stipendio quando c'è il tempo per farlo? Condizione fondamentale per lo svolgimento di un secondo lavoro è che non sia in diretta concorrenza con il primo. Si tratta di una disposizione che trova applicazione nel mondo del lavoro dipendente ma che può trovare esplicite indicazioni anche in quello autonomo delle partite Iva. Ma c'è anche un altro aspetto di cui tenere conto ed è quello della tassazione.
Sui proventi derivanti dal secondo lavoro occorre infatti pagare le imposte che, al pari di quanto avviene con il primo lavoro, sono progressive. In pratica, maggiore è il guadagno e più elevate sono le imposte da corrispondere. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione tra:
Secondo lavoro, quali tasse si pagano per i lavoratori dipendenti
Secondo lavoro, quali tasse si pagano per i lavoratori autonomi
Dal punto di vista strettamente fiscale, i redditi derivanti dallo svolgimento di due attività si cumulano e contribuiscono a formare quello complessivo percepito dal lavoratore su base annuale. Di conseguenza l'aliquota Irpef diventa più alta di quella che ognuno dei due datori applicherebbe allo stipendio.
A norma di legge, sono redditi di lavoro dipendente quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro.
Dopodiché occorre riportarli nella dichiarazione dei redditi per determinare il reddito complessivo e quindi calcolare l'imposta in base agli scaglioni Irpef:
se il reddito imponibile del lavoratore dipendente è fino a 15.000 euro all'anno, viene applicato il 23% di aliquota, 23% Irpef del reddito del lavoratore
se il reddito imponibile del lavoratore dipendente è oltre 15.000 euro e fino a 28.000 euro all'anno, viene applicata l'aliquota del 27%, 3.450 euro, a cui aggiungere il 27% sulla eventuale parte eccedente 15.000 euro del reddito del lavoratore
se il reddito imponibile del lavoratore dipendente è oltre 28.000 euro e fino a 55.000 euro all'anno, viene applicata l'aliquota del 38%, 6.960 euro, a cui aggiungere il 38% sulla eventuale parte eccedente 28.000 euro del reddito del lavoratore
se il reddito imponibile del lavoratore dipendente è oltre 55.000 euro e fino a 75.000 euro all'anno, viene applicata l'aliquota del 41%, 17.220 euro, a cui aggiungere il 41% sulla eventuale parte eccedente 55.000 euro del reddito del lavoratore
se il reddito imponibile del lavoratore dipendente è oltre 75.000 euro all'anno, viene applicata l'aliquota del 41%, 25.420 euro, a cui aggiungere il 43% sulla eventuale parte eccedente 75.000 euro del reddito del lavoratore
Nella dichiarazione dei redditi occorre quindi indicare il titolare dei compensi percepiti da entrambi i lavori, riportando le voci risultanti dalla Certificazione unica rilasciata da ciascun sostituto di imposta.
La situazione è ancora più semplice nel caso dei lavoratori autonomi con partita Iva in quanto non devono fare altro che sommare i redditi percepiti nel corso dell'anno, verificare lo scaglione di appartenenza e applicare la relativa aliquota.
I passaggi da effettuare per calcolare quali tasse si pagano se si fa un secondo lavoro sono quindi tre. Innanzitutto la determinazione del reddito complessivo, quindi il calcolo le detrazioni e infine quello dell'Imposta sul reddito delle persone fisiche.
Facendo quindi alcuni esempi concreti, ricordando che un professionista iscritto alla gestione separata dell'Inps deve applicare un'aliquota pari al 25,72% sull'ammontare di reddito prodotto durante lo svolgimento dell'attività, nel caso di stipendio netto totale di circa 1.000 euro al mese, il costo totale sarà di circa 1.800 euro, di 1.500 netti al mese sarà di circa 2.900 euro al mese.