Le norme in materia stabiliscono l'obbligatorietà dell'indicazione del numero di partite Iva non solo nel caso di attività di commercio elettronico, ma anche quando il sito web è utilizzato per ragioni pubblicitarie o di promozione.
Sono lontani i tempi in cui l'apertura di un sito web rappresentava poco più che un diletto. Oggi Internet è anche una fonte di business per società e liberi professionisti, imprese e commercianti. Di conseguenza la legislazione si è evoluta al pari passo delle regole fiscali.
La rotta seguita è quella della chiarezza, anche e soprattutto quando di mezzo c'è la compravendita di prodotti e servizi. Inevitabile allora domandarsi se, sulla base del progressivo aggiornamento di leggi e normative, è obbligatorio mettere la partita Iva su un sito web.
Si tratta infatti di una chiara indicazione ufficiale attraverso cui risalire all'identità dei responsabili della piattaforma online. Approfondiamo quindi tutti i dettagli ed esaminiamo:
Una prima importante informazione da comprendere è che il mondo del web non è separato dal mondo fisico. Si tratta solo di un differente modo di mostrarsi ed esporsi. Di conseguenza le regole che valgono nel mondo fisico valgono anche nel mondo virtuale.
In termini pratici significa che le regole fiscali e le disposizioni legislative che il contribuente è chiamato a seguire sono le medesime. Internet non è insomma una zona franca in cui potersi muovere con libertà. Ebbene, le norme in materia stabiliscono l'obbligatorietà dell'indicazione del numero di partite Iva non solo nel caso di attività di commercio elettronico, ma anche quando il sito web è utilizzato per ragioni pubblicitarie o di promozione. Il mancato rispetto delle norme comporta l'applicazione di una sanzione tra 250 e 2.000 euro.
L'indicazione va riportate sull'homepage, generalmente nel footer ovvero la parte inferiore della pagina. Le altre informazione da specificare sono il tipo di società tra di persone o di capitale. In questo secondo caso bisogna indicare anche la ragione sociale, la sede legale, il codice Rea (Repertorio economico amministrativo) o il numero di iscrizione al Registro delle imprese, il capitale sociale o il valore dell'ultimo bilancio versato.
Sono allora due le disposizioni da ricordare in relazione alla disciplina in materia. Innanzitutto c'è il decreto del presidente della Repubblica numero 633 del 26 ottobre 1972 relativo all'istituzione e alla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto.
Qui si legge testualmente che i soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono farne dichiarazione entro trenta giorni ad uno degli uffici locali dell'Agenzia delle entrate ovvero a un ufficio provinciale dell'imposta sul valore aggiunto della medesima Agenzia. Poi viene anche specificato con estrema chiarezza che la dichiarazione è redatta, a pena di nullità, su modelli conformi a quelli approvati con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
L'ufficio attribuisce al contribuente un numero di partita Iva che resta invariato anche nelle ipotesi di variazioni di domicilio fiscale fino al momento della cessazione dell'attività e che deve essere indicato nelle dichiarazioni, nella homepage dell'eventuale sito web e in ogni altro documento ove richiesto. Il secondo riferimento normativo è altrettanto importante ed è sicuramente più recente. Si tratta della risoluzione dell'Agenzia delle entrate che fissa le regole proprio sull'indicazione numero partita Iva nel sito web.
Ecco quindi che l'Agenzia di via XX Settembre stabilisce che l'obbligo di indicazione del numero di partita Iva nel sito web rileva per tutti i soggetti passivi Iva, a prescindere dalle concrete modalità di esercizio dell’attività. Di conseguenza, quando un soggetto Iva dispone di un sito web relativo all’attività esercitata, quand’anche utilizzato solamente per scopi pubblicitari, lo stesso è tenuto ad indicare il numero di partita Iva, come chiaramente disposto.
Due sono le disposizioni da ricordare in merito alla normativa in materia: l'Ordinanza del Presidente della Repubblica e la Delibera dell'Agenzia delle Entrate.