Al di là dei casi contingenti, non è mai possibile licenziare in alcuni casi ben precisi: dall'inizio della gravidanza al compimento dell'età di 1 anno del bambino se è una lavoratrice, per la durata del congedo di paternità e fino al compimento di 1 anno se è un lavoratore. Divieto di licenziamento anche per matrimonio e si considera nullo l'allontanamento nel periodo che va dalla richiesta di pubblicazione e fino a 1 anno dopo la celebrazione. Attenzione però alle 4 eccezioni che ammettono il licenziamento anche in queste circostanze.
Le disposizioni sul divieto di licenziamento trovano spazio in tutti i Contratti collettivi nazionali di lavoro ovvero terziario e servizi, edilizia e legno, alimentari, credito e assicurazioni, tessili, trasporti, meccanici, agricoltura e allevamento, enti e istituzioni private, chimica, poligrafici e spettacolo, marittimi, enti pubblici.
Le norme previsti dai vari Ccnl si adeguano alla regola generale e prevedono ulteriori specificazioni sul divieto di licenziamento di un dipendente, ma senza andare in contrasto. Stessa cosa per il regolamento interno alle aziende.
La regola generale, fissata dal Codice civile, prevede che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato nel rispetto dei tempi di preavviso nel e secondo i modi stabiliti dalle norme in materia.
In caso contrario scatta il pagamento di una indennità equivalente allo stipendio che sarebbe spettato per il periodo di preavviso. Ma ci sono dei casi ben precisi in cui il licenziamento è proibito. Esaminiamo quindi
La situazione più nota in cui il datore di lavoro non può procedere con il licenziamento è quella del periodo di comporto del lavoratore. Si tratta di una disposizione comune a tutti i Ccnl che prevede la tutela del dipendente durante i giorni di malattia.
La durata massima è naturalmente stabilita in precedenza e l'eventuale allontanamento del lavoratore può avvenire anche a distanza di alcuni giorni dal rientro in sede e non necessariamente nel primo giorno di impiego post malattia. I 3 motivi previsti dalla normativa sono il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il licenziamento per giusta causa e il licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Al di là dei casi contingenti, come in occasione di una pandemia sanitaria per cui possono essere assunti provvedimenti urgenti, straordinari e di carattere temporaneo, non è mai possibile licenziare in alcune circostanze ben precise: dall'inizio della gravidanza al compimento dell'età di 1 anno del bambino nel caso di una lavoratrice, per la durata del congedo di paternità e fino al compimento di 1 anno nel caso di un lavoratore.
Divieto di licenziamento anche per matrimonio e si considera nullo l'allontanamento nel periodo che va dalla richiesta di pubblicazione e fino a 1 anno dopo la celebrazione.
La risoluzione del rapporto di lavoro con la dipendente sposata è quindi possibile dall'anno successivo alle nozze, naturalmente nel rispetto delle norme in materia. Attenzione però alle 4 eccezioni che invece lo ammettono. Si tratta del licenziamento per giusta causa, della cessazione dell'attività aziendale, della scadenza del termine e dell'esito negativo del patto di prova.
Le norme in vigore prevedono invece la possibilità di licenziare il dipendente per scarso impegno sul lavoro. Si tratta infatti di un comportamento che si traduce in scarsa resa e di conseguenza, nel pieno rispetto delle procedure in vigore, il datore può provvedere all'allontanamento del dipendente.
Nella casistica rientra pure il caso di furto, sia che sia stato realmente commesso e sia, in parte, che si tratti di un sospetto. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, secondo cui bisogna tenere conto degli interessi dell'azienda ed è ammessa la sospensione cautelare in attesa dell'esito del processo.
Sicuramente ammesso il licenziamento per abuso della legge 104, con particolare riferimento ai permessi retribuiti dal lavoro.
Dal punto di vista formale è richiesta la lettera di licenziamento nei casi di giustificato motivo oggettivo, giustificato motivo soggettivo e giusta causa.
Allo stesso tempo la comunicazione del licenziamento deve contenere la specificazione delle motivazioni che lo hanno determinato. Da parte sua, il dipendente può impugnare la lettera entro 60 giorni dal recesso.