Si rischia la pensione per evasione fiscale quanto viene ravvisata l'esigenza di tutelare l'interesse pubblico che consiste nel garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita.
Se c'è uno dei reati su cui si concentra maggiormente l'attenzione del legislatore è l'evasione fiscale. L'obiettivo è naturalmente quello di stanare ogni forma di raggiro ai danni delle casse dello Stato, ma allo stesso tempo, il processo che porta a provvedimenti estremi come la sottrazione della pensione, avviene per gradi. L'Agenzia delle entrate prova infatti a raggiungere un accordo con il contribuente per favorire l'emersione spontanea. Vediamo meglio:
A fissare i confini della normativa in vigore sull'evasione fiscale e il rapporto con la pensione ci ha pensato la Corte di Cassazione con una nota sentenza che ha fissato il principio secondo cui il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può riguardare anche le somme già incassate a titolo di pensione.
Ancora più precisamente, si rischia la pensione per evasione fiscale quanto viene ravvisata l'esigenza di tutelare l'interesse pubblico che consiste nel garantire al pensionato i mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita, evitando che possano essergli sottratti da enti creditori terzi, prima ancora della corresponsione.
Ma attenzione, questa strada non è applicabile se le somme erogate a titolo di pensione sono state corrisposte dall'ente previdenziale all'imputato e versate nei suoi conti correnti e si trovino confuse con il suo restante patrimonio. Viene infatti a cadere la natura previdenziale.
A norma di legge, le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell'assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge.
Le somme dovute a titolo di stipendio, salario, altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, nonché a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione, o di assegni di quiescenza, nel caso di accredito su conto bancario o postale intestato al debitore, possono essere pignorate, per l'importo eccedente il triplo dell'assegno sociale, quando l'accredito ha luogo in data anteriore al pignoramento; quando l'accredito ha luogo alla data del pignoramento o successivamente, le predette somme possono essere pignorate nei limiti previsti dal terzo, quarto, quinto e settimo comma, nonché dalle speciali disposizioni di legge.
Il pignoramento eseguito sulle somme in violazione dei divieti e oltre i limiti previsti dallo stesso e dalle speciali disposizioni di legge è parzialmente inefficace. L'inefficacia è rilevata dal giudice anche d'ufficio. Più in generale, non possono essere pignorati i crediti alimentari, tranne che per cause di alimenti, e sempre con l'autorizzazione del presidente del tribunale o di un giudice da lui delegato e per la parte dal medesimo determinata mediante decreto.
E non possono essere pignorati crediti aventi per oggetto sussidi di grazia o di sostentamento a persone comprese nell'elenco dei poveri, oppure sussidi dovuti per maternità, malattie o funerali da casse di assicurazione, da enti di assistenza o da istituti di beneficenza.
Senza dimenticare che le somme dovute da privati a titolo di stipendio, di salario o di altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, comprese quelle dovute a causa di licenziamento, possono essere pignorate per crediti alimentari nella misura autorizzata dal presidente del tribunale o da un giudice da lui delegato.