C'è chi sostiene che il fenomeno delle malattie professionali sia sottostimato. Si tratta di quelle patologie che sorgono nell'esercizio della propria attività professionale ovvero le malattie da lavoro.
Diventa allora fondamentale non solo favorirne l'emersione per il riconoscimento dei diritti dei lavoratori, ma anche saperle riconoscere ai fini del riconoscimento da parte dell'Inail. Spetta infatti all'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro indennizzare i danni provocati alla salute del lavoratore con prestazioni economiche, sanitarie e riabilitative.
L'aspetto centrale della questione è che in Italia esistono due tabelle differenti, per il comparto dell'industria e per quello dell'agricoltura, ma esistono altre patologie non inserite nelle tabelle che possono essere riconosciute come professionali nel caso di dimostrazione della correlazione.
Le stesse tabelle Inail, oltre a essere soggette a periodici aggiornamenti, distinguono fra tre possibili casi di patologie: malattie la cui origine lavorativa è possibile, malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità e malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità. Da qui l'importanza del giusto trattamento. Vediamo quindi
Affinché si possa parlare di malattia professionale è fondamentale che le cause siano legate all'attività o all'ambiente di lavoro con tanto di certificazione medica ad attestarlo.
Pensiamo tumori causati da vernici o coloranti o sostanze cancerogene, alla sordità da rumori o alle malattie muscoloscheletriche. C'è poi un altro aspetto che viene spesso sottovalutato ma che in realtà entra a pieno titolo nel riconoscimento delle malattie professionali ed è la differenze di genere.
In pratica, in materia di salute e sicurezza le strategie di prevenzione da adottare devono tenere conto delle differenze poiché - per fare alcuni esempi - l'esposizione ad alcuni materiali può danneggiare con maggiore facilità gli uomini anziché le donne e viceversa.
Pensiamo ad esempio ai metalli e pesticidi che danneggiano l'apparato riproduttivo maschile nel primo caso, e ai solventi e idrocarburi policiclici aromatici che sono potenzialmente pericolosi per il feto delle donne.
Ma anche alla necessità di prevedere carichi e pesi differenti se di mezzo ci sono il trasporto manuale o il sollevamento. I rischi di inciampare in una malattia professionale sono concreti e vanno valutati anche sulla base di questa distinzione, come d'altronde prevedono le normative.
Si soffre di una malattia professionale riconosciuta dall'Inail quando viene formalmente certificata dal medico ovvero il camice bianco attesta la relazione tra patologia e attività lavorativa. Ma occorre fare una importante distinzione tra malattie professionali tabellate e patologie extratabellari.
Nel primo caso a valere è appunto il principio della cosiddetta presunzione del nesso tra patologia e attività. Significa che per dimostrare che il lavoratore soffre di una malattia professionale per via dell'esposizione a un'attività a rischio, così come messo nero su bianco dalle liste dell'Inail, occorre davvero la sola certificazione rilasciata dal medico e non altre documentazione sanitarie.
Diverso è quindi il caso delle patologie extratabellari poiché non sono inserite nelle tabelle. In questa circostanza non è sufficiente il solo certificato medico ma altri esami di conferma del legame tra attività lavorativa e malattia. Nel caso in cui venga dimostrato scatta il riconoscimento da parte dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro alle medesime prestazioni.
Il passo finale è quindi la consultazione delle tabelle aggiornate Inail che con la liste delle malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità, delle malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità, delle malattie la cui origine lavorativa è possibile.