Le perdite sul trattamento finale pensionistico di chi decide di andare in pensione con quota 100 2022 possono essere elevate ma anche nulle, dipende dalla retribuzione che si percepisce, dall’entità dei contributi accumulati, ecc. Ma in ogni caso non si tratta di perdite dovute a penalizzazioni previste per chi esce con quota 100 ma ad un minor numero di contributi accumulati.
La quota 100 per andare in pensione a 62 anni di età e con 38 anni di contributi e che dà ai lavoratori la possibilità di anticipare il momento dell’uscita rispetto ai requisiti richiesti per andare in pensione di vecchiaia (67 anni di età e almeno 20 anni di contributi) è stata confermata dalla nuova Legge di Bilancio fino alla sua naturale scadenza, vale a dire il 2022, e ciò significa che anche il prossimo anno tutti coloro che raggiungeranno i requisiti richiesti potranno accedere alla pensione con quota 100. Quali sono calcoli e perdite della pensione con quota 100 2022?
Andare in pensione con quota 100 2022 prevede effettivamente perdite sull’importo della pensione finale. Non è, però, detto che tali perdite effettivamente si abbiano. Molto dipende dalla retribuzione che si percepisce, dall’entità dei contributi accumulati, ecc. Si tratta, in ogni caso, di perdite sull’importo del trattamento pensionistico che non dipendono da penalizzazioni previste dalla quota 100 ma semplicemente da anni contributivi in meno che vengono calcolati nel conteggio della pensione finale.
Per andare in pensione con quota 100, infatti, basta raggiugere il requisito anagrafico dei 62 anni, cinque anni in meno rispetto ai 67 anni richiesti per la pensione di vecchiaia, e bisogna considerare che i cinque anni di differenza tra la pensione con quota 100 e la pensione con i requisiti per la pensione di vecchiaia si traducono in termini pratici in cinque anni in meno di contributi accumulati e visto che il calcolo della pensione finale si basa sul versamento dei contributi effettivamente versati dal lavoratore nel corso della sua vita lavorativa, è chiaro che avendo meno contributi diminuisce l’importo della pensione finale.
Stando ad alcuni calcoli effettuati, infatti, si parla di una riduzione del trattamento pensionistico finale tra il 9% e il 28% circa, dipende dal momento dell’uscita, prima si va in pensione e maggiore sarà la perdita sull’assegno finale.
Per fare degli esempi di calcolo della pensione con quota 100, nel caso di un 40enne quarantenne che decide di andare in pensione con quota, la sua pensione finale sarebbe di 1.255 euro a fronte dei 1.308 euro che percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni di età.
Nel caso di un lavoratore che percepisce una retribuzione lorda annua di 30mila euro, se decide di andare in pensione con la quota 100 a 62 anni di età riceve un trattamento finale mensile di 1372, il 22,2% in meno rispetto all’assegno che percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni di età, cioè 1764 euro.
Chi percepisce una retribuzione lorda annua di 50mila euro, se decide di andare in pensione con la quota 100 percepirebbe un trattamento mensile di 2.070, il 23,3% in meno rispetto all’assegno che percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni, cioè 2.700 euro.
Chi percepisce una retribuzione lorda annua di 75mila euro, se decide di andare in pensione con la quota 100 percepirebbe un trattamento mensile di 2.771 euro a fronte dei 3.685 euro che percepirebbe andando in pensione di vecchiaia a 67 anni di età.