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Scontrino solo digitale: quando i negozi violano la legge e come tutelare i propri diritti

Quando un esercente impone il formato digitale o condiziona il rilascio del documento alla cessione di dati personali come indirizzo email o numero di cellulare, sta violando la legge.

Autore: Marcello Tansini
pubblicato il
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Scontrino solo digitale: quando i negozi

Sempre più spesso, all'uscita da un negozio o alla cassa di un ristorante, ci si sente dire: “Vuole lo scontrino via email?” oppure, in modo ancora più diretto, “Ci lascia la sua mail per l'invio del documento?”. Questo comportamento, apparentemente innocuo e in linea con la spinta verso la digitalizzazione, nasconde in realtà una serie di rischi legali, fiscali e di privacy.

La tendenza ad abbandonare il vecchio scontrino cartaceo viene infatti spesso presentata come inevitabile, se non addirittura obbligatoria, da parte di alcuni esercenti. Ma il quadro normativo che regola l'emissione del cosiddetto documento commerciale racconta una storia ben diversa, fondata sul rispetto del consenso del cliente e sulla necessità di non raccogliere dati personali in modo improprio.

Lo scenario attuale nasce dall'introduzione del Decreto Legislativo 127/2015, che ha previsto per i commercianti l'obbligo di memorizzare e trasmettere telematicamente i corrispettivi delle vendite all'Agenzia delle Entrate. Questo passaggio non ha eliminato il diritto del cliente a ricevere una prova tangibile dell'acquisto, ma ne ha trasformato la natura: lo scontrino fiscale, così come lo conoscevamo, ha lasciato spazio al documento commerciale, che può essere rilasciato su supporto cartaceo o digitale.

La scelta tra queste due forme non spetta al venditore, bensì al consumatore, che deve esprimere un consenso esplicito e informato nel caso voglia riceverlo via email o SMS. La normativa, specificata dal decreto MEF del 7 dicembre 2016, parla in modo inequivocabile: il documento può essere emesso in forma elettronica “previo accordo con il destinatario”. Questa breve espressione rappresenta il fulcro di tutta la questione.

Quando un esercente impone il formato digitale o condiziona il rilascio del documento alla cessione di dati personali come indirizzo email o numero di cellulare, sta violando la legge. E se, nel farlo, raccoglie informazioni senza fornire un'adeguata informativa privacy, lede anche i principi fondamentali del GDPR, mettendo a rischio i diritti del cliente. Dietro un gesto che sembra moderno, ecologico o pratico, può dunque celarsi una doppia forzatura, sia fiscale che sulla protezione dei dati.

Quando lo scontrino diventa una trappola per i dati

Nel momento in cui un esercente chiede di fornire un'email o un numero di telefono per inviare lo scontrino, sta effettuando un'operazione che rientra a pieno titolo nel trattamento di dati personali. E ogni trattamento, ai sensi del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, è subordinato a regole precise: deve essere giustificato da una base giuridica, accompagnato da un'informativa trasparente e fondato su un consenso libero, specifico e inequivocabile.

Nessun venditore può dare per scontato che il cliente acconsenta solo perché non si oppone, né può utilizzare caselle pre-flaggate in moduli cartacei o digitali. Ancor meno può subordinare l'acquisto all'accettazione della modalità digitale: si tratterebbe di una pratica abusiva, oltre che scorretta sul piano deontologico e giuridico.

L'indirizzo email non è un'informazione neutra. È un dato identificativo, capace di collegare un acquisto a una persona fisica, e spesso diventa la porta d'ingresso per attività di profilazione commerciale. Se il venditore intende utilizzare quell'email anche per scopi di marketing, come l'invio di newsletter, promozioni o offerte personalizzate, deve chiedere un consenso separato, distinto da quello per la semplice trasmissione dello scontrino.

I due piani - quello fiscale e quello commerciale - non possono mai sovrapporsi. E non basta una generica informativa esposta in cassa: il cliente deve ricevere una comunicazione comprensibile, completa e personalizzata, che gli consenta di valutare consapevolmente se concedere o meno l'uso dei propri dati.

Un'altra questione spesso trascurata riguarda la conservazione dei dati raccolti. L'email non può essere archiviata senza limiti temporali o utilizzata per finalità diverse da quelle originariamente comunicate. Ogni abuso su questo fronte configura una violazione sostanziale del GDPR, che può essere sanzionata anche con importi rilevanti dall'Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali. Il cliente, in questi casi, può revocare il consenso in qualsiasi momento, esercitare il diritto di accesso ai propri dati o chiedere la cancellazione, oltre che presentare segnalazioni o reclami formali.

Come reagire a una violazione, diritti del cliente e strumenti di difesa

Chi si trova davanti a un esercente che rifiuta lo scontrino cartaceo, pretende l'indirizzo email senza informativa, o peggio ancora impedisce l'acquisto se non si accetta il documento digitale, non deve sentirsi privo di difese. La normativa italiana ed europea garantisce al consumatore una serie di strumenti chiari per reagire, documentare l'abuso e ottenere giustizia.

In prima battuta, è opportuno segnalare il comportamento all'esercente, facendo presente che la legge impone l'emissione del documento commerciale in forma cartacea su semplice richiesta del cliente. Se il negoziante persiste nel rifiuto, si può richiedere l'intervento della Guardia di Finanza, che ha il compito di verificare il rispetto degli obblighi fiscali nei confronti dell'Agenzia delle Entrate.

Parallelamente, qualora vi sia stata una raccolta illegittima di dati personali, si può agire anche sul fronte della privacy. Il Garante per la protezione dei dati personali mette a disposizione una procedura rapida ed efficace per presentare reclami, attraverso il suo sito istituzionale.

In alcuni casi, è possibile anche ottenere risarcimenti per danni materiali o morali, soprattutto se l'utilizzo dei dati ha comportato l'invio non autorizzato di comunicazioni commerciali. Non bisogna sottovalutare l'impatto di queste pratiche, perché l'abitudine a cedere dati personali con leggerezza, solo per ricevere uno scontrino, può aprire la porta a forme invasive di marketing, spam, e profilazione automatica non richiesta.

La legge prevede che ogni commerciante al minuto, dal grande store alla piccola bottega di quartiere, sia soggetto alle stesse regole. Il consenso all'invio elettronico del documento commerciale non può mai essere presunto, forzato o condizionato.

Il cliente ha il diritto assoluto di pretendere il documento cartaceo, senza fornire spiegazioni e senza subire pressioni. Il solo fatto di non possedere uno smartphone o di voler tenere traccia fisica delle spese è sufficiente per chiedere la stampa dello scontrino. E chi lo nega, non solo commette un illecito, ma mina alla base la fiducia del consumatore.