Nella maggior parte dei casi, i datori di lavoro pagano gli stipendi con cadenza mensile entro il decimo giorno del mese successivo a quello della prestazione lavorativa. Se i termini previsti nel Ccnl di riferimento non sono rispettati, il lavoratore conserva il diritto di dimissioni per giusta causa.
C'è sempre il procedimento legale che il lavoratore che non riceve lo stipendio può attivare per fare valere i propri diritti. Questa opzione è ammessa in tutti i Contratti collettivi nazionali di lavoro (terziario e servizi, edilizia e legno, alimentari, credito e assicurazioni, tessili, trasporti, meccanici, agricoltura e allevamento, enti e istituzioni private, chimica, poligrafici e spettacolo, marittimi, enti pubblici) senza alcuna differenza.
In questo senso, la prima cosa da fare è inviare il sollecito di pagamento da parte di un avvocato esperto in materia. I dipendenti che non vogliono passare subito alle maniere forti possono parlare in modo informale con il proprio datore di lavoro oppure con il reparto risorse umane o con quello paghe. Ma se la situazione non si risolve e il datore insiste a non corrispondere quanto dovuto, i dipendenti possono dimettersi per giusta causa?
Ricordiamo in premessa che ci sono diversi fattori da considerare in caso di dimissioni, tra cui il diritto a percepire l'indennità di disoccupazione, previsto nel caso di licenziamento da parte del datore di lavoro. E allo stesso tempo occorre valutare anche la gestione del preventivo. Approfondiamo quindi:
È importante che i dipendenti ottengano in tempo ovvero nei tempi concordati lo stipendio pattuito. In caso contrario, da una parte i lavoratori potrebbero non essere in grado di pagare i propri conti e dunque trovarsi in una difficile situazione economica.
Dall'altra gli stipendi in ritardo potrebbero diminuire lo sforzo e il morale dei dipendenti. Come se non bastasse, non elaborare buste paga e non effettuare il bonifico potrebbero anche dare il via a problemi legali. Nella maggior parte dei casi, i datori di lavoro pagano gli stipendi con cadenza mensile entro il decimo giorno del mese successivo a quello della prestazione lavorativa.
Se i termini previsti nel Ccnl di riferimento non sono rispettati, il lavoratore conserva il diritto di dimissioni per giusta causa. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione in una recente sentenza, secondo cui è sufficiente un solo giorno di ritardo per fare scattare questa possibilità.
Si ricorda quindi che in caso di mancata o ritardata consegna della busta paga, il datore di lavoro va incontro a una sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 900 euro. Ma se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 6 mesi la sanzione va da 600 euro a 3.600 euro.
Infine, se la violazione si riferisce a più di 10 lavoratori ovvero a un periodo superiore a 12 mesi la sanzione va da 200 a 7.200 euro.
A proposito di dimissioni, licenziamenti e interruzioni di rapporti, c'era un tempo in cui i datori di lavoro erano fedeli ai dipendenti e i dipendenti erano fedeli ai datori di lavoro. Dopo 30 o più anni con la stessa azienda, un dipendente andava in pensione con un generoso piano pensionistico.
Anche se il lavoro del dipendente fosse cambiato per via dell'opportunità di una promozione o di un avanzamento di carriera, rimaneva comunque con la stessa azienda a lungo termine. Da un paio di decenni le cose sono cambiate. Anche le aziende sane, quelle con guadagni record, hanno iniziato a licenziare i dipendenti, magari per mantenere felici gli azionisti.
Molte aziende hanno smesso di offrire lauti stipendi e hanno cercato di trovare modi creativi per sbarazzarsi dei dipendenti prima che potessero ricevere la pensione. Tra cui il mancato versamento dello stipendio. I dipendenti si dimettono per molte ragioni, come un'offerta di lavoro in un'altra azienda per una retribuzione o benefici migliori, un trasferimento in un'altra città, la pensione o il perseguimento di un sogno.