Non ci sono norme che impediscono il trasferimento di un fondo pensione a un'altra società di gestione? Lo spostamento della posizione individuale non è un mero esercizio amministrativo perché permette di conservare i diritti acquisire ovvero continuare la maturazione degli investimenti depositati senza interruzioni. In buona sostanza, l'anzianità viene calcolata dal giorno della prima adesione al fondo pensione.
La domanda è molto semplice: è possibile cambiare idea? Il sottoscrittore di un fondo pensione può trasferire il suo investimento per il futuro a un'altra società di gestione?
L'opzione di spostamento della posizione individuale maturata nel fondo pensione di appartenenza a una differente forma pensionistica complementare è ammessa oppure occorre portare la sottoscrizione a termine? Esaminiamo in questo articolo:
Non ci sono norme che impediscono il trasferimento di un fondo pensione a un'altra società di gestione? Lo spostamento della posizione individuale no nè un mero esercizio amministrativo perché permette di conservare i diritti acquisire ovvero continuare la maturazione degli investimenti depositati senza interruzioni.
In buona sostanza, l'anzianità viene calcolata dal giorno della prima adesione al fondo pensione. Si tratta di un diritto e non può essere impedito né in maniera parziale e né totale. A dimostrazione della facilità con cui è possibile cambiare un fondo pensione, il trasferimento avviene senza l'applicazione di alcuna tassazione.
Per trasferire un fondo pensione è necessario seguire un iter amministrativo ben preciso che prevede la compilazione del modulo messa a punto dalla società dalla quale si intende spostare. I costi dei trasferimenti dipendono dal regolamento del fondo pensione, ma non è detto che siano sempre previsti.
Il suggerimento è di controllare l'eventuale versamento del contributo a carico del datore di lavoro al nuovo fondo pensione prima di spostare definitivamente la propria posizione. In ogni caso è bene ricordare che non tutte le forme di pensione complementare sono uguali. Di conseguenza occorre consultare la documentazione per conoscere le specifiche e le condiziono del nuovo fondo pensione.
Quando si parla di fondo pensione e della possibilità di trasferimento a un'altra società di gestione è indispensabile capire la distinzione quelli aperti e quelli chiusi. I primi sono un patrimonio autonomo e separato, creato da una banca, una società di gestione o un'assicurazione a cui chiunque può aderire.
Lo gestisce chi lo ha costituito e viene alimentato dai contributi del lavoratore, dal Trattamento di fine rapporto maturando, dal Trattamento di fine rapporto pregresso e se gli accordi aziendali lo prevedono, anche dal contributo a carico del datore di lavoro, fino ad arrivare ai contributi volontari.
Caratteristica distintiva è la presenza di un responsabile e un organismo di sorveglianza che controllano che la gestione avvenga nell'interesse degli aderenti. Diverso è il quadro nei fondi pensioni chiusi a cui possono aderire solo i lavoratori cui si applica quel contratto collettivo nazionale di lavoro, oltre che coloro che sono fiscalmente a carico degli aderenti, ma sempre se previsto dallo statuto del fondo pensione.
A gestirlo è sempre chi lo ha costituito. Tuttavia la gestione finanziaria è affidata ai professionisti del settore, come istituti di credito, società di gestione, assicurazioni, che sono selezionati attraverso procedure a evidenza pubblica.
Il via libera è per il versamento del contributo del lavoratore, del contributo del datore di lavoro, del Trattamento di fine rapporto maturando, il Trattamento di fine rapporto pregresso, dei contributi volontari e reintegratori. Anche in questo caso ci sono dei tratti distintivi.
Chi aderisce a un fondo pensione chiuso partecipa all'elezione di chi amministra il fondo. Pensiamo ad esempio a delegati in assemblea, consiglio di amministrazione, collegio sindacale. Dal punto di vista economico presentano costi più bassi dei fondi aperti e dei Piani individuali pensionistici.
L'azienda è obbligata dal contratto collettivo nazionale di lavoro a versare un contributo economico che di solito varia dal 1% al 2% della retribuzione. Ulteriori contributi economici derivano dalla contrattazione aziendale.