Le norme non fissano una finestra temporale in cui l'azienda è inibita a procedere con nuove assunzioni. Tuttavia la prassi vuole che trascorrano almeno 60 giorni ovvero il termine entro il quale il dipendente licenziato può impugnare il provvedimento a suo sfavore chiedendo il reintegro.
Assunzione e licenziamento non sono due facce della stessa medaglia del lavoro. Non è infatti detto un lavoratore assunto con un contratto a tempo determinato o indeterminato sia reduce da un licenziamento.
Tuttavia dal punto di vista aziendale, si tratta di un due istituti che fanno parte della normalità delle cose. Ma proprio questo è il punto: finché ingressi e uscite avvengono nell'ambito di fisiologici relazioni con i dipendenti non ci sono particolari aspetti a cui prestare attenzione. Ben diverso è invece il caso in cui licenziamenti e assunzioni fanno parte di uno schema preordinato.
Ecco quindi che ci ha pensato lo stesso legislatore a porre dei limiti ovvero a elaborare un impianto normativo in termini che disciplini non sono le modalità di allontanamento in via definitiva di un dipendente. Ma anche come comportarsi tra un licenziamento e un'assunzione, anche nell'ottica di tutelare i dipendenti. Vediamo quindi nei particolari:
Ci sono ragioni ben precise per cui il legislatore suggerisce che tra un licenziamento e un'assunzione debba trascorrere un certo lasso di tempo.
Vanno valutate caso per caso e sulla questione si è espressa anche la Corte di Cassazione. Un esempio aiuta a fare chiarezza. Nel caso di licenziamento di un lavoratore per la cancellazione del posto che ricopriva, come può un'azienda procedere con una immediata assunzione di un dipendete da adibire alle stesse mansioni?
Le norme non fissano una finestra temporale in cui l'azienda è inibita a procedere con nuove assunzioni. Tuttavia la prassi vuole che trascorrano almeno 60 giorni ovvero il termine entro il quale il dipendente licenziato può impugnare il provvedimento a suo sfavore chiedendo il reintegro.
In sostituzione della reintegrazione il lavoratore può chiedere il pagamento di una indennità pari a 15 mensilità di retribuzione non assoggettata a contribuzione. Quest'ultima indennità si aggiunge a quella dovuta per il periodo compreso tra il momento del licenziamento a quello dell’effettiva reintegrazione.
Dal punto di vista normativo, il Codice Civile fornisce utili indicazioni sul tema del licenziamento. In prima battuta stabilisce che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro prima della scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato, o senza preavviso, se il contratto è a tempo indeterminato, qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto.
E ancora: se il contratto è a tempo indeterminato, al prestatore di lavoro che recede per giusta causa compete l'indennità. Non costituisce giusta causa di risoluzione del contratto il fallimento dell'imprenditore o la liquidazione coatta amministrativa dell'azienda.
Un altro articolo mette nero su bianco che ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti, dagli usi o secondo equità. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l'altra parte a una indennità equivalente all'importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso.
La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro. Insomma, il rapporto di lavoro prevede che la parte recedente sia tenuta a darne comunicazione all'altra parte nei modi e nei tempi stabiliti dalla legge o dalla contrattazione collettiva.
Il preavviso è richiesto nella maggior parte delle ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro, ma - sulla base della normativa vigente in materia di licenziamento - non è richiesto nei casi di recesso per giusta causa, risoluzione consensuale, risoluzione nel corso o al termine del periodo di prova, risoluzione convenuta ad una certa data o a una determinata età, morte del datore di lavoro professionista o ditta individuale.
Da un punto di vista normativo rigoroso Ogni contraente può recedere dal contratto di lavoro prima della scadenza del termine.