Il datore riconosce la retribuzione al dipendente per lo svolgimento delle mansioni assegnate nel tempo di lavoro. Di conseguenza il problema sorge non per l'utilizzo dei social in sé bensì per il tempo sottratto al lavoro. Il rischio che si corre è il licenziamento.
A meno che non si abbia alcun profilo su Facebook o Instagram o comunque sui siti di social network, è difficile resistere alla tentazione di dare una sbirciatina rapida agli ultimi aggiornamenti. Il punto è che la giornata di un lavoratore può durare molte ore e di conseguenza per chi è particolarmente attivo sul web si tratta di una limitazione non proprio di poco conto.
Ma allora si può o non si può scrivere e commentare su Facebook e Instagram durante le ore di lavoro o ci sono rischi?
Non sorprende che alla luce della delicatezza della materia ci siano state numerose controversie tra dipendenti e datori di lavoro che sono finite all'attenzione dei tribunali del lavoro per poi approdare in Cassazione. Cerchiamo di saperne di più, anche considerando anche le pronunce dei giudici che si sono espressi sulla questione:
Il principio generale che regola la possibilità di commentare su Facebook e Instagram durante le ore di lavoro è intuitivo. Il datore riconosce la retribuzione al dipendente per lo svolgimento delle mansioni assegnate nel tempo di lavoro.
Di conseguenza il problema sorge non per l'utilizzo dei social in sé bensì per il tempo sottratto al lavoro. Il buon senso suggerisce che dedicare pochi secondi o pochi minuti nell'arco di una giornata di lavoro a consultare i profili di social network difficilmente provoca un danno o un rallentamento alla produzione.
Il problema sorge piuttosto nel caso di collegamento continuo e per lungo tempo per scrivere e commentare su Facebook e Instagram. Ed è infatti pronunciandosi sul caso di una lavoratrice che si era collegata circa 6.000 volte in 18 mesi che la Corte di Cassazione ha stabilito la legittimità del licenziamento.
Naturalmente è ben diverso il caso in cui i vari Facebook e Instagram sono utilizzati per ragioni lavoratative. I social media hanno guadagnato popolarità in tutto il mondo negli ultimi anni a un ritmo sempre più crescente.
L'introduzione dei social media nelle aziende consente un nuovo metodo di comunicazione tra colleghi e con i clienti.
Sebbene Facebook e Instagram, ma anche altre piattaforme che stanno riscuotendo un successo crescente, siano in cima all'agenda di molte aziende fino a oggi, sembra esserci una comprensione molto limitata dell'uso dei social media per scopi di lavoro.
Il monitoraggio dell'uso del computer dei dipendenti in ufficio può essere un mezzo efficace per garantire che i dipendenti si concentrino su attività legate al lavoro e non trascorrano metà della giornata lavorativa su Facebook. In qualità di imprenditore è legale il controllo solo se il dipendenti ne sono chiaramente informati.
Proprio come Facebook può fornire un mezzo gratuito di pubblicità aziendale e allo stesso tempo può rappresentare una pericolosa distrazione, il sito di social networking può anche diventare una piattaforma facile per commenti denigratori contro l'azienda.
L'adozione di una politica di social networking sul posto di lavoro che vieti ai dipendenti di commentare argomenti legati al lavoro può fermare questa deriva.
La policy aziendale potrebbe così non vietare necessariamente l'utilizzo di Facebook sul posto di lavoro, ma solo le conversazioni riguardanti l'attività. Se il datore di lavoro non desidera che i tuoi dipendenti utilizzino siti web di social network, incluso Facebook, mentre sono al lavoro, è sempre possibile vietarne l'accesso dai dispositivi aziendali.
L'installazione di software di blocco dei siti web sui computer aziendali può limitare l'accesso dei dipendenti durante l'orario lavorativo. La definizione di una policy per l'utilizzo dei dispositivi di elaborazione personale, inclusi laptop e smartphone, può inibire ulteriormente l'accesso dei dipendenti ai siti web di social networking e mantenere i lavoratori concentrati sulle attività aziendali.