Non vige il divieto assoluto per il datore di lavoro di registrare le telefonate del dipendente. A determinate condizioni può infatti tenere traccia delle conversazioni effettuate con i mezzi aziendali.
In un periodo in cui l'attenzione per la privacy è massima e le norme in materia sono in continuo aggiornamento, ci domandiamo se le telefonate sul lavoro di un dipendente possono essere registrate dal datore di lavoro.
Innanzitutto precisiamo che le chiamate possono essere effettuate in due modi ovvero con il telefono fisso aziendale oppure con lo smartphone. In questo secondo caso bisogna distinguere tra dispositivi aziendali e personali.
Nella nostra disamina sono naturalmente esclusi i device personali. A parte questa ultima situazione, come deve comportarsi il datore di lavoro? Non può in alcun caso registrare le telefonate effettuate e ricevuta dal lavoratore o in alcune circostanze può invece farlo? Vediamo insieme:
Non vige il divieto assoluto per il datore di lavoro di registrare le telefonate del dipendente. A determinate condizioni può infatti tenere traccia delle conversazioni effettuate con i mezzi aziendali. In particolare sono 3 le condizioni da rispettare. In prima battuta, la telefonata deve avvenire con un bene di proprietà dell'azienda - fisso o mobile - e non personale.
In seconda battuta, il lavoratore deve essere informato sulle modalità d'uso e sui controlli che vengono effettuati. In pratica la registrazione non può avvenire all'insaputa del dipendente. Infine, ma non di minore importanza poiché spesso sfugge dall'analisi generale, il datore di lavoro deve garantire anche la privacy dell'interlocutore del lavoratore.
Vale la pena far notare che, a differenza di quanto è previsto con il controllo a distanza dei dipendenti con un sistema di videosorveglianza, non occorre l'accordo con le organizzazioni sindacali o l'autorizzazione della Direzione territoriale del lavoro.
Così come non è indispensabile che alla base di questa decisione ci sia la tutela del patrimonio aziendale, della sicurezza sul lavoro o altre esigenze produttive o organizzative individuate e comunicate dal datore di lavoro.
Sicuramente interessante è andare alla ricerca delle sentenze in materia della Corte di Cassazione. Le decisioni affiancano le disposizioni legislative fino al punto da aggiornarle e coprire buchi normativi. Secondo una ben nota sentenza degli Ermellini, la registrazione costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche ai fini di prova nel processo, salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità della persona che vi partecipa.
Più di recente, un'altra decisione della Corte di Cassazione ha stabilito che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, è prova documentale utilizzabile quantunque effettuata dietro suggerimento o su incarico della polizia giudiziaria, trattandosi, in ogni caso, di registrazione operata da persona protagonista della conversazione, estranea agli apparati investigativi e legittimata a rendere testimonianza nel processo.
Dal punto di vista procedurale, ricordiamo i tre commi dell'articolo 234 del Codice di procedura penale. Il primo dà il via libera all'acquisizione di scritti o di altri documenti che rappresentano fatti, persone o cose mediante la fotografia, la cinematografia, la fonografia o qualsiasi altro mezzo.
Dopodiché quando l'originale di un documento del quale occorre far uso è per qualsiasi causa distrutto, smarrito o sottratto e non è possibile recuperarlo, può esserne acquisita copia. Infine, è vietata l'acquisizione di documenti che contengono informazioni sulle voci correnti nel pubblico intorno ai fatti di cui si tratta nel processo o sulla moralità in generale delle parti, dei testimoni, dei consulenti tecnici e dei periti.