La normativa italiana sul lavoro è estremamente dettagliata e lo è tal punto che tutti gli aspetti sono accuratamente disciplinati, compreso il delicato tema del trasferimento del lavoratore.
C'è infatti l'impianto legislativo nazionale come principale riferimento, ma ci sono anche i tanti contratti collettivi nazionali di lavoro (Agricoltura ed Allevamento, Alimentari, Chimica, Credito e Assicurazioni, Dirigenti Settore Privato, Edilizia e Legno, Enti ed Istituzioni Private, Enti Pubblici, Marittimi, Meccanici, Poligrafici e Spettacolo, Terziario e Servizi, Tessili, Trasporti, Turismo) da cui non si può prescindere.
Ciascuno di loro può infatti presentare provvedimenti sul trasferimento ben differenti. Non solo, ma a rendere il quadro ancora più complesso ci sono le tante pronunce dei tribunali sulla legittimità del trasferimento del lavoratore e su altre questioni chiave direttamente correlate, come il trasferimento con o senza preavviso o il trasferimento come sanzione disciplinare.
Vediamo allora tutti i dettagli della normativa adesso in vigore ed esattamente
C'è una differenza sostanziale tra il trasferimento richiesto dal dipendente e quello imposto dall'azienda in cui lavora. Nel primo caso non è infatti richiesta alcuna motivazione, ma la domanda può non essere accettata mentre nel secondo, anche se non sempre vige l'obbligo della motivazione, il lavoratore deve dire di sì.
Se il datore di lavoro decide di trasferire un dipendente in un'altra sede o comunque in un'altra unità produttiva equivalente, senza che si verifichi il demansionamento, deve quindi darne comunicazione che non necessariamente deve avvenire in forma scritta e né con un certo anticipo ovvero il cosiddetto preavviso. Il punto di riferimento resta il Ccnl applicato.
Entrando quindi nello specifico della normativa in vigore, l'obbligo da parte dell'azienda di specificare le motivazioni del trasferimento del dipendente scatta nel caso di passaggio tra unità produttive. In questo caso si tratta di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive.
Per evitare ricorsi e contestazioni, il datore deve quindi dimostrare la validità delle sue ragioni. Se il trasferimento avviene nell'ambito della stessa unità produttiva non occorre invece fare riferimento a queste motivazioni.
Ci sono poi alcuni casi particolari di trasferimento che vanno al di là delle comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Il più comune è quello dello spostamento del lavoratore per incompatibilità ambientale.
Avviene quando il disaccordo tra un dipendente e il resto dei colleghi è tale da pregiudicare il corretto e sereno funzionamento dell'ufficio o della macchina produttiva.
Tuttavia non si tratta in alcun modo di una sanzione disciplinare per il lavoratore: il trasferimento di un dipendente non rientra infatti tra le opzioni del datore per "punire" il dipendente di una condotta non corretta.