Lo svolgimento di un secondo lavoro è perfettamente legittimo purché si tengano conto di due elementi fondamentale. Il primo è il divieto di concorrenza. Il secondo è relativo alle ripercussioni che un impiego può avere sull'altro.
Si può svolgere un secondo lavoro? La risposta è affermativa. Lo si può fare sia nel settore privato che in quello pubblico? Anche in questo caso la risposta è affermativa, ma in entrambe le circostanze occorre tenere conto di una moltitudine di aspetti. Si tratta di tutti quelli regolati dalle leggi in vigore.
Da una parte le normative provvedono infatti a tutelare le aziende in cui il lavoratore presta la propria attività. Lo fanno ad esempio disciplinando le modalità di svolgimento della concorrenza. Dall'altra, lo stesso dipendente con un doppio impiego conserva una serie di diritti insopprimibili. Facciamo allora il punto della situazione tenendo conto della moltitudine delle norme adesso vigenti. Più precisamente esaminiamo:
Quali sono le regole per chi fa un secondo lavoro
Leggi 2022 aggiornate sul secondo lavoro nel pubblico e nel privato
Lo svolgimento di un secondo lavoro è perfettamente legittimo purché si tengano conto di due elementi fondamentale. Il primo è il divieto di concorrenza. Il secondo è relativo alle ripercussioni che un impiego può avere sull'altro.
Rispetto al primo punto, il lavoratore non può trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con la propria azienda, non può divulgare notizie riservate sull'impresa e i suoi metodi di produzione e non deve sfruttare le informazioni di cui è a conoscenza per danneggiare l'azienda. Detto in altri termini, non è concesso a un lavoratore prestare la propria attività per due aziende concorrenti. Anche senza volerlo, potrebbe provocare danni di vario tipo, tra cui quelli reputazionali. Insomma, l'ambiguità sarebbe evidente.
Strettamente legato al divieto di fare concorrenza c'è il dovere di riservatezza. Il lavoratore non può cioè comunicare a terzi le informazioni di cui è a conoscenza in virtù delle mansioni assegnate.
A tal proposito, le disposizioni vigenti stabiliscono che chiunque, avendo notizia, per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito, se dal fatto può derivare nocumento, con la reclusione fino a 1 anno o con la multa da 30 a 516 euro
Il focus per chi fa un secondo lavoro è quindi sulle ripercussioni che un impiego può avere sull'altro. Pensiamo ad esempio al limite delle 48 ore a settimana di lavoro da non superare. Oppure 24 ore consecutive e alle 11 giornaliere di riposo consecutivo.
Nel caso di impiego part time non ci sarebbe evidentemente alcuna difficoltà a far conciliare questi orari mentre la situazione sarebbe ben diversa nel caso in cui i contratti di lavoro fossero a tempo pieno.
I dipendenti pubblici hanno l’obbligo di comunicazione del secondo lavoro. Sono esonerati da tale clausola solo il personale sanitario, i docenti universitari e gli insegnanti.
È possibile per un dipendente svolgere due lavori part time contemporaneamente. Ma non lo può far in caso di contratto a tempo pieno perché il tetto delle 48 ore settimanali verrebbe superato. In ogni caso, il prestatore di lavoro non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare a essa pregiudizio.
In tema di leggi che regolano chi fa un secondo lavoro nel privato e pubblico, per la Cassazione, in tema di licenziamento per violazione dell'obbligo di fedeltà, il principio secondo cui il carattere extralavorativo di un comportamento non ne preclude la sanzionabilità in sede disciplinare, quando la natura della prestazione dovuta dal lavoratore richieda un ampio margine di fiducia esteso ai comportamenti privati non trova applicazione, se il comportamento del prestatore si estrinsechi in comportamenti che siano espressione della libertà di pensiero, in quanto la tutela di valori tutelati costituzionalmente non può essere recessiva rispetto ai diritti-doveri connaturali al rapporto di lavoro.
E poi, ai fini della configurabilità di una violazione del divieto di concorrenza previsto, nei confronti del prestatore di lavoro subordinato, divieto che riguarda non già la concorrenza che il prestatore, dopo la cessazione del rapporto, può svolgere nei confronti del precedente datore di lavoro, bensì quella illecitamente svolta nel corso del rapporto di lavoro non sono sufficienti gli atti preparatori di una attività economica concorrente, salvo che essa si concreti, durante la pendenza del rapporto, in atti sia pure iniziali di gestione.
Dopodiché, la prestazione d'opera da parte del lavoratore subordinato a favore di terzi concorrenti costituisce una violazione dell'obbligo di fedeltà che, se è irrilevante sotto il profilo penale qualora compiuta fuori del normale orario di lavoro, integra il reato di truffa se svolta nell'orario normale, da parte di soggetto che lucra la retribuzione, fingendo di svolgere il lavoro che gli è stato affidato, mentre svolge altra attività.