Una sentenza della Cassazione aveva fissato il principio per cui le misure di sicurezza vanno attuate dal datore di lavoro anche contro la volontà del lavoratore.
Giorno dopo giorno cresce l'attenzione sull'obbligo vaccinale nei luoghi di lavoro. L'emergenza Covid non è infatti terminata e il vaccino è per ora la sola via d'uscita allo stato di emergenza. Eppure, anche se questo virus rappresenta la grande novità di questi tempi, la questione sull'obbligo di vaccinazione sui luoghi di lavoro non è affatto inedita.
Se ne discute da tempo e gli stessi tribunali, tra cui la Corte di Cassazione, hanno fissato importanti principi in materia. Diventa allora interessanti approfondirli, anche per comprendere se il datore può imporre l'obbligo di vaccinazione ai propri dipendenti e come questi ultimi possono comportarsi nel caso in cui si rifiutano di farli. Vediamo quindi in questo articolo:
Ci sono innanzitutto le norme in vigore a stabilire quali sono i principi che il datore di lavoro deve seguire nell'organizzazione della propria attività. Si tratta del punto di partenza da cui i lavoratori non possono prescindere. Disposizioni aggiornate alla mano, l'imprenditore è infatti tenuto ad adottare, nell'esercizio dell'impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Il diritto alla salute collettiva è insomma prevalente e, sebbene non sia espressamente citato in questa normativa, l'obbligo vaccinale sui luoghi di lavoro viene considerato imprescindibile nel caso in cui non se non possa fare a meno per il raggiungimento di questo scopo.
Ecco quindi che è intervenuta la Corte di Cassazione con una sentenza che ha rafforzato questa posizione. Potremmo anche dire che ha frenato rispetto a un eventuale rifiuto vaccinale da parte dei lavoratori. Ricordando che si tratta di una decisione precedente al periodo del Covid-19, i giudici hanno precisato che poiché il diritto alla salute ha natura indisponibile, il lavoratore non può rifiutare le vaccinazioni purché ciò sia previsto dalla legge.
Ed è pure vero che una precedente sentenza aveva fissato il principio per cui le misure di sicurezza vanno attuate dal datore di lavoro anche contro la volontà del lavoratore
Un ruolo centrale viene ricoperto dal medico competente nel valutare se il rischio infettivo può essere ridotto con misure di protezione alternative e di eguale efficacia. Più precisamente, in caso negativo deve formulare un giudizio d'idoneità alla mansione specifica con la limitazione di esclusione delle operazioni che possano comportare il contatto con l'agente biologico verso il quale il lavoratore non è immune. In caso positivo può naturalmente esprimere il giudizio d'idoneità alla mansione.
Se il lavoratore presenta controindicazioni alla vaccinazione, deve verificare preliminarmente se costituiscano controindicazioni vere, siano essere permanenti o temporanee, alla vaccinazione al pari di quanto avviene con gli altri lavoratori.
Sicuramente interessante è la sentenza con cui la Corte Costituzionale aveva condiviso le tesi della Regione Puglia sull'obbligo di vaccinazione per accedere ad alcuni reparti.
Per i giudici, nell'attribuire alla giunta regionale la facoltà di individuare i reparti in cui consentire l'accesso ai soli operatori sanitari che si siano attenuti alle indicazioni del piano di vaccinazione per i soggetti a rischio per esposizione professionale e nel prevedere le relative sanzioni amministrative per i trasgressori, le disposizioni dettano esclusivamente una disciplina sull’organizzazione dei servizi sanitari della Regione, senza discostarsi dai principi fondamentali nella materia tutela della salute riservati alla legislazione statale, senza introdurre obblighi vaccinali di nuova trovata e senza imporre obbligatoriamente ciò che a livello nazionale è solo suggerito o raccomandato.