Sì, il lavoratore non può entrare in concorrenza con il proprio datore di lavoro sia nel caso di svolgimento di un'attività in proprio e sia nel caso in cui lavori per un'altra azienda. Si ricorda infatti che il doppio lavoro in ambito privato è ammesso, anche e soprattutto nel caso di un impiego part time, orizzontale o verticale che sia. Il Codice civile fissa anche altri due principi strettamente collegati.
Il contratto di lavoro tra dipendente e lavoratore comporta diritti e doveri da una parte e dall'altra. Alcuni sono espressamente scritti e indicati mentre altri fanno parte della consuetudine e del buon senso.
Poi ci sono altri aspetti di cui non si ha piena consapevolezza, ad esempio l'esistenza o meno di vincoli di riservatezza lavoratore dipendente. Va da sé che i segreti di un'azienda o semplicemente il modo di lavorare e le informazioni interne devono rimanere dentro le mura lavorative.
Ma questo passaggio deve essere messo nero su bianco nel contratto oppure la disposizione è sempre applicata? Si tratta infatti di una questione che potrebbe facilmente finire al centro dell'attenzione in caso di controversia tra le parti. In linea di massima esiste il dovere di mantenere riservate le informazioni, a meno che non si abbia il consenso a divulgarle o non c'è il rischio di provocare danni diretti o indiretti all'azienda e ai suoi lavoratori.
Ed è sempre possibile che esista un regolamento interno che fissa limiti ben precisi a cosa si può dire e non dire all'esterno. Non solo, ma la questione si lega con le leggi sulla privacy sul lavoro, anche e soprattutto nel caso in cui si abbia a che fare con informazioni su clienti.
Devono infatti essere mantenute riservate, a meno che non venga fornito il consenso a divulgarle. Le leggi richiedono inoltre di essere specifici con i clienti su eventuali limiti alla riservatezza, ad esempio nei casi di dovere di diligenza, in cui potrebbe essere necessario divulgare dati personali per garantire la sicurezza. Vediamo meglio i termini della questione e più precisamente
La norma che regola il rapporto tra datore e dipendente in merito al vincolo di riservatezza è contenuta nell'articolo 2105 del Codice Civile. Qui si legge testualmente che il prestatore di lavoro (il lavoratore, sia esso assunto a tempo determinato o indeterminato, con contratto full time o part time) non deve trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l'imprenditore, né divulgare notizie attinenti all'organizzazione e ai metodi di produzione dell'impresa, o farne uso in modo da poter recare ad essa pregiudizio.
La disposizione è quindi estremamente chiara e fissa tre principi di estrema importanza. Il primo è che il lavoratore non può entrare in concorrenza con il proprio datore di lavoro sia nel caso di svolgimento di un'attività in proprio e sia nel caso in cui lavori per un'altra azienda.
Si ricorda infatti che il doppio lavoro in ambito privato è ammesso, anche e soprattutto nel caso di un impiego part time, orizzontale o verticale che sia.
Il secondo principio messo nero su bianco riguarda proprio il vincolo di riservatezza che si sostanzia nel divieto di diffondere notizie che riguardano l'organizzazione del lavoro o i metodi di produzione dell'azienda. C'è poi un terzo principio contenuto nell'articolo ed è il divieto di recare pregiudizio all'azienda in cui si lavoro attraverso i propri comportamenti.
Rispetto a un vincolo di riservatezza così precisamente statuito, diventa interessante capire nei vari Ccnl - terziario e servizi, edilizia e legno, alimentari, credito e assicurazioni, tessili, trasporti, meccanici, agricoltura e allevamento, enti e istituzioni private, chimica, poligrafici e spettacolo, marittimi, enti pubblici - quali sono le sanzioni a cui va incontro il lavoratore che infrange questa disposizione.
Ebbene, secondo la normativa in vigore, la violazione comporta sia una responsabilità disciplinare (i provvedimenti che può applicare il datore sono rimprovero verbale, ammonizione scritta, multa, sospensione, trasferimento, licenziamento) e sia l'obbligo al risarcimento dei danni subiti dall'azienda in cui lavora.
Non solo, ma il dipendente chiacchierone va incontro anche a conseguenze penali per la protezione del segreto professionale e aziendale.