Per la prima volta un'istituzione dell'Unione europea, approvando una proposta inserita anche nel testo per l'Euro 7, ha introdotto un riferimento ai biocarburanti.
Oggi è ancora prematuro trarre conclusioni definitive, ma emergono interessanti sviluppi dall'Unione Europea riguardo all'Euro 7 e ai biocarburanti, che potrebbero influenzare i piani già delineati per il futuro della mobilità in Europa. La Commissione Industria, Ricerca ed Energia dell'Unione europea ha recentemente approvato una proposta che riconosce i biocarburanti come "carburanti CO2 neutri", aprendo la strada al possibile mantenimento del motore a combustione interna anche dopo la scadenza del 2035, e allo stesso tempo si sta considerando un possibile rinvio dell'entrata in vigore dello standard Euro 7.
Esaminiamo in dettaglio di cosa si tratta, senza dimenticare che una direttiva europea rischia di rivelarsi un salasso per gli automobilisti italiani ed europei in termini di prezzo del rifornimento:
In buona sostanza, la Commissione ITRE ha stabilito che con carburanti CO2 neutri si intendono combustibili rinnovabili o sintetici, come definiti dalla direttiva 2018/2001, che includono biocarburanti, biogas, combustibili da biomassa e carburanti rinnovabili liquidi e gassosi per il trasporto, sia di origine non biologica che a base di carbonio riciclato. Questi sono liquidi per i quali "le emissioni possono essere considerate pari a zero" poiché l'anidride carbonica incorporata nella composizione chimica del carburante è di origine biogenica o è stata evitata la sua immissione in atmosfera.
Il testo approvato in Commissione ITRE prevede il rinvio dell'entrata in vigore dell'Euro 7 fino a 5 anni, allineandolo agli standard Onu sui pneumatici. Mantiene le condizioni di test Euro 6 per i mezzi pesanti e esclude quelle considerate "irrealistiche" per i veicoli leggeri. Infine, modifica i limiti delle emissioni per i veicoli commerciali, stabilendo nuovi valori da 35 a 44 kW/t.
La direttiva europea 959 del 2023 del Parlamento e del Consiglio introduce la riforma nel sistema ETS (Emission Trading System), che governa il commercio delle quote di emissione di CO2. Questo sistema è stato istituito nel 2005, permettendo a settori energetici e industriali di acquistare quote di emissione per regolare le proprie emissioni inquinanti. La nuova direttiva introduce un nuovo sistema di scambio delle quote di CO2 che coinvolge anche il settore del riscaldamento domestico e del trasporto su strada.
Le compagnie petrolifere saranno obbligate a pagare per le emissioni di CO2 prodotte durante la produzione di carburanti, portando a un inevitabile aumento dei costi che si rifletterà sul prezzo finale della benzina e del gasolio. L'entrata in vigore di questo sistema è prevista per il 2027, sollevando preoccupazioni per gli automobilisti europei.
Le previsioni dell'Agenzia internazionale dell'energia suggeriscono che il nuovo sistema di scambio coinvolgerà un numero significativamente maggiore di operatori rispetto al sistema attuale, il che comporterà un aumento della domanda e, di conseguenza, dei prezzi delle quote in vendita. Questo è dovuto alla carenza di aziende coinvolte nella generazione di quote attraverso progetti ambientali, i quali richiedono tempi di realizzazione sempre più lunghi.
Questa crescita esponenziale della domanda potrebbe portare il prezzo delle quote di CO2 a 200 euro per tonnellata, ovvero 53 centesimi per litro di gasolio e 47 centesimi per litro di benzina. Di conseguenza, se si applicasse questo aumento ai prezzi medi attuali dei carburanti, la benzina raggiungerebbe un prezzo di 2,288 euro al litro, mentre il gasolio costerebbe 2,191 euro al litro, al netto delle eventuali imposte.