depositi bancari, risparmiare
I conti depositi e i conti correnti, da come risparmiare fino alle modifiche sulla protezione dei risparmi e alle due tasse nuove di cui una è occulta
I depositi bancari e i conti conti correnti hanno almeno tre elementi di rischio per tutti in Italia. Il primo, è quello dei rincari, ma che è anche il "più banale". E poi ci sono gli altri due elmenti che sono quelli più preoccupanti.
C'è una ragione ben precisa per cui nei conti correnti degli italiani si registra un boom di liquidità. Non tanto per un aumento della ricchezza (anzi, altri dati rivelano la tendenza opposta) ma per la riduzione dei consumi causata dal timore di sprofondare in una nuova crisi. A dominare è dunque la prudenza, anche tra le aziende che hanno ridotto il tasso di investimenti. Entrando nel cuore dei numeri della ricerca del Centro studi di Unimpresa sull'andamento delle riserve delle famiglie e delle imprese italiane, le riserve delle banche sono cresciute in un anno di quasi 55 miliardi di euro. Ma il vero aumento è stato quello dei conti correnti in cui sono depositati oltre 1.000 miliardi ovvero di 23 miliardi quelli delle famiglie e di circa 30 miliardi quelli delle imprese. E il tutto in un contesto in cui i costi di gestione dei conti correnti sono aumentati.
Non tutti i conti correnti sono uguali e il primo passo da fare per individuare quello più adatto alle proprie esigenze è informarsi su quanto costano i servizi che si utilizzano con più frequenza. Tutto ha un costo, ma perché spendere per qualcosa di cui non se fa uso? Dopodiché è indispensabile l'analisi comparativa dei costi richiesti dalla propria banca e le offerte presenti sul mercato. Occorre tenere i conti anche dei costi fissi ovvero quelli di mantenimento del conto aperto, per avere un bancomat e una carta di credito, per richiedere il libretto degli assegni, per ricevere l'estratto conto in formato cartaceo. E attenzione alle imposte: sono pari a 34,20 euro all'anno se la giacenza media è maggiore di 5.000 euro nel periodo di rendicontazione. E se l'online rappresenta più di una opportunità, non bisogna mai avere paura di cambiare banca per migliorare le condizioni nel segno della concorrenza.
Sono riservati a pochi ovvero è necessario possedere una serie di requisiti stringenti. Tuttavia i conti correnti a zero spese sono una delle possibilità da prendere in considerazione. Le coordinate sono chiare: niente spese al di sotto della soglia di 11.600 euro di Isee (Indicatore di situazione economica equivalente) e 18.000 euro di pensione lordi all'anno. Ma quali sono le operazioni gratuite del conto base? Apertura, gestione e chiusura del conto di pagamento; accreditamento di fondi sul conto di pagamento; prelievo di contanti all'interno dell'Unione europea presso le dipendenze del prestatore di servizi di pagamento o gli sportelli Atm, anche al di fuori degli orari di apertura del prestatore di servizi di pagamento.
Nessuna spesa per emissione, rinnovo e sostituzione della carta di debito. E infine, zero costi per le seguenti operazioni di pagamento nel contesto dell'Unione europea: addebiti diretti, operazioni di pagamento mediante carta di pagamento, utilizzabile anche online, bonifici e ordini permanenti di bonifico presso le dipendenze del prestatore di servizi di pagamento e attraverso gli altri canali eventualmente disponibili, compreso il canale web.
Al momento non è ancora online il comparatore ufficiale dei conti correnti, ma c'è, quando si firma per aprire un conto corrente, sempre riportato l'ISC, lindicatore sintetico di Costo, che indica il costo medio, per una operatività bassa, media, alta. E poi bisogna cercare le offerte migliori, tra cui al momento se ne possono segnalare tre, ma ovviamente sono molto dinamiche
Hello Bank! di Bnl propone Hello! Money che per chi entro il 31 gennaio 2018 deciderà di accreditare stipendio o pensione, o in alternativa avere 3.000 euro in giacenza, e sottoscrivere la carta di credito a canone zero Hello! Card, offre in regalo un buono da Ikea del valore di 150 euro. Hello! Money è un conto corrente che non prevede spese di canone, commissioni per prelievi e bonifici e non prevede alcuna spesa di apertura conto; offre interessi fino all’1% lordo per massimo due trimestri su giacenze comprese tra 25.000 e 100.000 euro e prevede una carta di debito gratuita e una carta di credito a canone zero.
Condizioni decisamente convenienti ancora assicurate dal Conto Corrente Arancio di Ing Direct, conto corrente online che non prevede alcuna spesa per apertura e chiusura conto corrente, estratto del conto corrente, pagamenti e bonifici, canone annuo, prelievi con carta di debito, assegni, ricariche telefoniche, e che permette di effettuare un numero illimitato di operazioni come bonifici, prelievi e ogni genere di pagamento online, dal pagamento delle bollette a ricariche telefoniche, F24, MAV, RAV.
Tra le migliori offerte di conto corrente attuali spicca anche il conto corrente Freedom One di Mediolanum che garantisce la possibilità di effettuare operazioni illimitate e non prevede il pagamento del canone se si decide di accreditare lo stipendio o la pensione. Per chi decide, infatti, di accreditare stipendio o pensione sono gratuite anche la carta Mediolanum FreedomCard, altrimenti disponibile al costo di 10 euro all’anno, e la carta di debito Mediolanum Card. L’imposta di bollo è, però, a carico del correntista. Il conto Freedom One di Mediolanum permette di disporre e ricevere bonifici senza limiti e prelevare soldi in tutta Europa e in qualsiasi banca.
E poi come cercare di guadagnare qualcosa dai propri risparmi senza rischiare? Ci potrebbe essere un lento ritorno sui Btp e buoni di Stato, ma anche sulle Poste che hanno appena emesso di buoni fruttiferi con un valore di 3 anni allo 0,70 proprio per fare concorrenza ai Btp. E ai conti depositi senza promozioni. (da tenere d'occhio, comunque, come vedremo quelli in protezione)
Dove investire per trovare valore? Su quali obbligazioni e azioni per il 2018? Una premessa è d'obbligo: rispetto al recente passato, i segnali che arrivano sono moderatamente positivi: l'inflazione è aumentata, la crescita italiana è realtà. Tuttavia non si può fare a meno di ricordare come una spinta decisiva sia arrivata dal quantitative easing a firma della Banca centrale europea, l'acquisto massiccio di titoli di Stato per aiutare la ripresa economica con l'immissione di una montagna di liquidità, anziché da una ripresa strutturale. In questo contesto c'è allora chi suggerisce di puntare su portafogli meno convenzionali e meno liquidi rispetto a quelli più volatili.
Succede che le banche italiane mettono in conto una stretta della Banca centrale europea e ne accelerano la vendita prima che Francoforte annunci in autunno una probabile riduzione degli acquisti, con il rischio di effetti negativi su prezzi e rendimenti. I timori di una stretta hanno così spinto i rendimenti sui Btp decennali al massimo annuale del 2,33%, ora sceso poco sotto 2%. Lo spread con il Bund oscilla su 157 ma secondo esperti e analisti potrebbe risalire a 190 entro fine anno. In questo quadro si inseriscono allora i suggerimento di Rose Ouahba, responsabile Fixed Income di Carmignac, che alza il pollici nei confronti del Btp con una cedola del 2,2% con scadenza nel 2027 e i titoli di Stato greci con cedola al 4,75% con scadenza nel 2019.
Il trend, si badi bene, non è solo italiano. A giugno in Europa le vendite sono ammontate a 46 miliardi di euro, portando il saldo da inizio anno a 257. I dati sono coerenti con l'idea che gli investitori domestici stanno riducendo le loro partecipazioni nel debito sovrano e mettono quanto incassato nei conti di Bankitalia. Che le banche stiano ricomponendo i portafogli emerge dagli Stati patrimoniali: da inizio anno Ubi, ha ridotto il portafoglio da 16,5 a 11,9 miliardi di euro mentre l'esposizione del gruppo Intesa verso lo Stato, assicurazioni incluse, è scesa da 86,5 a 84,5 miliardi di euro nonostante l'acquisto delle banche venete. Nell'ultimo trimestre Banco Bpm ha ceduto titoli italiani per 2,7 miliardi di euro. Secondo i dati di Bankitalia lo stock di titoli di Stato in pancia alle banche italiane ammonta, a fine giugno, a 365,8 miliardi di euro.
I conti deposito dovrebbero beneficiare di un rialzo dei tassi anche se non certamemente sarà molto forte nel 2018, al massimo uno 0,50%. Certo, con un Qe minore, potrebbero essere anche di più i soldi richiesti dalle banche e quindi aumentare i tassi, ma non è assolutamente detto. Occorre verificare di ese in mese le offerte migliori e soprattutto cercare di usarli solo per cifre limitate e quando se ne ha bisogno e meglio di una durata di 3-6 mesi.
Tra le migliori offerte di conti deposito attuali segnaliamo quelle di:
Conto Facto di Banca Farmafactoring garantisce, invece, un rendimento dell’1% su somme depositate per 12 mesi, non prevede spese di apertura e chiusura conto, non prevede il pagamento dell’imposta di bollo che è a carico della banca, non permette l’estinzione anticipata e l’importo minimo vincolabile con Conto Facto e Conto Facto Plus è fissato a 5.000 euro.
Conto Rendimax di Banca Ifis, conto deposito che può essere aperto direttamente online, non prevede alcuna spesa di gestione, ha il pagamento dell'imposta di bollo a carico della banca e prevede rendimenti per investimenti vincolati a tre mesi dello 0,8%, per vincoli a 6 mesi dello 0,9%, per vincoli a 12 mesi del'1,3%, per vincoli a 24 mesi dell'1,7%, per vincoli a 48 mesi del 2%.
Banca Widiba propone Conto Widba, conto deposito che non prevede alcuna spesa di gestione ma prevede il pagamento dell'imposta di bollo a carico del cliente. E' prevista la liquidazione degli interessi Posticipata trimestrale o alla scadenza del vincolo e non sono previsti limiti minimi e massima di giance. Questo conto garantisce per vincoli a tre mesi tassi di rendimento dello 0,7%, per vincoli a sei mesi dello 0,9%, per vincoli a 12 mesi dell'1,1%, per vincoli a 24 mesi dell'1,5%.
Tra le novità contenute nella legge di Bilancio, l’ultimo provvedimento del Governo Gentiloni prima dello scioglimento delle Camere che sancisce la fine della legislatura e l’inizio del percorso che porterà l’Italia alle urne probabilmente nella prossima primavera, quelle che riguardano le rendite finanziarie destano molto interesse. Ci ha pensato il quotidiano “Il Sole24Ore” a spiegare nel dettaglio quali saranno le conseguenze del fatto che verranno tassate al 26%. Una tassazione che verrà estesa anche ai dividendi e alle plusvalenze legate alle cosiddette partecipazioni qualificate.
Questo significa che la novità più importante contenuta nella legge di Bilancio consiste nel fatto che le rendite finanziarie saranno tassate a partire dal 2018 al 26 per cento e questa tassazione verrà applicata anche agli utili qualificati, sancendo la definitiva scomparsa di questa differenza tra utili qualificati e non qualificati. Un provvedimento che avvantaggerà, stando alle previsioni del quotidiano economico e finanziario più importante d’Italia, quelli che passeranno all’incasso di dividendi nella fascia di reddito che va oltre i settantacinque mila euro. Coloro che invece potranno incassare dividendi in una fascia di reddito più bassa dovrebbero risultare, invece, penalizzati da questo nuovo provvedimento.
Per le rendite, da quest'anno, dunque, si applicherà l’imposta sostitutiva del 26%. Questo significa che scomparirà la differenza tra partecipazioni qualificate e non con probabili ricadute positive per coloro che passeranno all’incasso di dividendi in quella particolare fascia di reddito che supera oltre i settantacinque mila euro. Rischiano, invece, di essere notevolmente penalizzati i contribuenti che incasseranno dividendi e che si troveranno negli scaglioni di reddito più bassi. Lo stesso accadrà per le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate. Uno dei lati positivi che sembra aver convinto i risparmiatori risiede nel fatto che, dopo l’entrata in vigore di questo provvedimento, non esisterà più nessuna differenza tra plusvalenze e le minusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate con le minusvalenze e plusvalenze non qualificate.
Provvedimenti ovviamente che nell’ottica di chi li ha proposti dovrebbero consentire un introito positivo che per il 2018 è stato stimato pari a circa 253 milioni circa. Cifra che scenderà a dieci milioni nel 2019 prima che il saldo tra tassazione a Irpef e la nuova imposta sostitutiva assuma il segno negativo per una cifra che dovrebbe superare gli undici milioni di euro. Questo succederà dal dal 2020 in poi.
Per gli strumenti finanziari partecipativi e per i contratti di associazione in partecipazione si fa riferimento al rapporto fra apporto e patrimonio netto dell’emittente o dell’associante. Le novità avranno ripercussioni concrete anche per quel che riguarda l’impatto delle plusvalenze e delle minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, oppure altri strumenti finanziari. Le conseguenze di questi nuovi provvedimenti interesseranno sia le persone fisiche residenti, non residenti, le società semplici e gli enti non commerciali residenti in Italia.
C'era una volta un tempo in cui i soldi, se c'erano, venivano lasciati sotto al materasso. Lontani dagli sguardi delle banche, sempre un po' troppo ballerine quando si tratta di gestire i risparmi degli italiani. Basta vedere cosa succede oggi: al di là degli istituti di credito falliti o quelli nell'occhio del ciclone per qualche operazione spericolata di troppo (sempre con i soldi degli italiani), gli interessi sono garantiti sono intorno allo zero, se non di segno negativo. Ebbene, succede che ancora oggi, la tendenza a custodire i soldi anziché depositarli è dura a morire. Le stime più recenti riferiscono che gli italiani tengano in contanti o sul conto corrente il 31% dei risparmi, circa 1.329 miliardi di euro. E che, particolare di primissimo piano, nel solo anno appena trascorso hanno pagato una tassa occulta di oltre 10 miliardi di euro in termini di perdita di potere d'acquisto.
Sul risparmio degli italiani pesa allora una tassa occulta da oltre 10 miliardi di euro. A pesare è l'effetto inflazione su 1.329 miliardi di euro bloccati sui conti correnti o lasciati liquidi. Vista anche da un'altra angolazione, risulta non efficiente la gestione del 31% delle risorse. Insomma, cautela ed effetto inflazione creano un mix deleterio all'insaputa degli stessi risparmiatori. E c'è anche un altro aspetto da non sottovalutare: la perdita della voglia di investire. Anche in questo caso è possibile fare riferimento ad alcuni numeri ben precisi che rendono l'idea di cosa sta accadendo in Italia, ben oltre le facili e fallaci supposizioni. Sono stati investiti direttamente 55 miliardi di euro in titoli italiani e 69 miliardi di euro in quelli esteri. Tanto o poco? Rappresentano il 3% della ricchezza.
Non solo si registra la perdita del treno delle Borse, ma anche la fuga dal mercato obbligazionario con la riduzione dell'esposizione in bond: dai 410 miliardi di euro investiti a fine 2015, oggi si è scesi a 334,5 miliardi di euro. Non c'è dubbio che gli stessi istituti di credito abbiano messo il loro zampino nella creazione di questo trend, ma si tratta della fotografia più aggiornata della situazione nazionale dalla quale non si può prescindere in sede di analisi e contromisure. A conti fatti, il risparmio nazionale è un tesoro distribuito male ma comunque pari a 4.228 miliardi di euro al netto degli immobili. La situazione è di fatto congelata perché, come spiegano gli esperti, i dati mostrano che le disponibilità finanziarie delle aziende e delle famiglie italiane sono bloccate. Significa che se i cittadini accumulano per timore di nuove tasse, le imprese non investono perché non hanno fiducia nel futuro.
La fotografia del risparmio italiano e delle consistenze parla chiaro:
Esiste infatti una direttiva sulle risoluzioni bancarie che prevede la protezione di alcuni depositi e tra questi rientrano appunto i conti concorrenti fino a 100.000 euro, tutelati dal fondo di garanzia dei depositi. Ebbene, la Banca centrale europea ha dato il via libera al cambiamento di questa norma. La procedura, si ricorda, viene attivata se la banca è in dissesto o a rischio di dissesto, non si ritiene che misure alternative di natura privata o di vigilanza consentano di evitare in tempi ragionevoli il dissesto dell'intermediario, sottoporre la banca alla liquidazione ordinaria non permetterebbe di salvaguardare la stabilità sistemica, di proteggere depositanti e clienti, di assicurare la continuità dei servizi finanziari essenziali. Di conseguenza la risoluzione sul bail in viene ritenuta la sola via necessaria per l'interesse pubblico.
Naturalmente è comprensibile credere che dinanzi a uno scenario di questo tipo, i risparmiatori possano decidere in fretta e furia di ritirare le somme depositate in banca primac che siano utilizzate per il salvataggio. E qui entra in gioco una iniziativa ulteriore, quella che nel rapporto della Banca centrale europea viene definita "failing or likely to fail". In pratica viene autorizzato il congelamento dei conti. Per un periodo limitato, non superiore ai cinque giorni, viene vietato ai risparmiatori di effettuare grandi prelievi. Gli sportelli bancomat servirebbe insomma solo per piccole necessità giornaliere. A quel punto, in caso di eccezionalità, diventerebbe impossibile non contribuire all'eventuale salvataggio della propria banca in crisi. In conclusione, verrebbe demolito uno dei capisaldi per la stabilità dei sistemi finanziari.
Le attuali regole, seppur costantemente criticate, prevedono alcuni punti fermi. Come quello dell'esclusione dall'ambito di applicazione dei bail in alcune passività ben precise. In pratica non possono essere né svalutati né convertiti in capitale e né utilizzati in alcun modo per il salvataggio della banca in fallimento, i depositi protetti dal sistema di garanzia dei depositi cioè quelli di importo fino a 100.000 euro. Ma anche le passività garantite (i covered bonds, ad esempio), le passività derivanti dalla detenzione di beni della clientela o in virtù di una relazione fiduciaria (il contenuto delle cassette di sicurezza, ad esempio), le passività interbancarie con durata originaria inferiore a 7 giorni, le passività derivanti dalla partecipazione ai sistemi di pagamento con una durata residua inferiore a 7 giorni, i debiti verso i dipendenti, i debiti commerciali e quelli fiscali.
La garanzia che il deposito bancario sia tutelato qualsiasi cosa accada è la chiave che ha permesso al sistema bancario di funzionare ovvero di scongiurare le corse agli sportelli. Cosa succederà, nel caso di approvazione delle nuove regole, nel caso in cui i clienti chiedono di ritirare o trasferire i propri (limitati) depositi ma sono impossibilitati a farlo? Un'operazione di questo tipo potrebbe rivelarsi socialmente molto pericolosa?