Cosa prevede e come funziona la tassa sugli extra profitti delle banche e quali sono le eventuali conseguenze per i correntisti e novità previste per tassazione di conti correnti e altri investimenti
Come incideranno su tutti italiani la tassa extraprofitti su banche e le modifiche conti correnti in delega fiscale? L’approvazione della tassa sugli extraprofitti delle banche da parte del governo Meloni con il Decreto Omnibus, pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 10 agosto 2023, sta facendo particolarmente discutere, pur trattandosi di una imposta straordinaria, una tantum. Vediamo cosa prevede, come funziona ed eventuali conseguenze per correntisti.
La tassa sugli extra profitti si calcola su due anni, quest’anno e lo scorso anno, applicando un'aliquota del 40% sul maggior valore del margine d'interesse registrato nel 2023 che supera di almeno il 5% il margine di interesse ottenuto nel 2021 e su quello del 2023 che eccede per almeno il 10% il margine di interesse del 2023.
L’importo della tassa non può essere, in ogni caso, superiore a una quota pari al 25% del valore del patrimonio netto della banca alla chiusura dell'esercizio 2023.
La tassa sugli extraprofitti delle banche viene istituita per il 2023 per l’aumento dei tassi di interesse e l'impatto sociale derivante dall'aumento delle rate dei mutui e sarà a carico degli intermediari finanziari. Saranno, però, escluse le società di gestione dei fondi comuni d'investimento e le società di intermediazione mobiliare.
La tassa sugli extraprofitti delle banche dovrebbe permettere allo Stato di avere maggiori entrate da reimpiegare per il taglio delle tasse ai cittadini e per misure a sostegno dei mutui ma potrebbe, d’altro canto, portare le banche ad aumentare i costi di gestione di conti correnti e carte.
Del resto, Assoutenti ha spiegato come già a causa dell’alta inflazione si sia registrato un aumento annuo delle tariffe del 6,4% per la voce spese bancarie a carico dei cittadini, con alcune banche che hanno alzato il costo dei conti correnti con modifiche unilaterali delle condizioni contrattuali.
Secondo gli ultimi dati della Banca d’Italia, la spesa di gestione dei conti correnti di 3,8 euro è aumentata portando il costo medio annuo a 94,7 euro a cittadino a causa soprattutto delle spese fisse, per l’emissione e per la gestione delle carte di pagamento. E il rischio ora è che per recuperare le perdite a causa della nuova tassa sugli extra profitti, le banche possano di nuovo rifarsi sui correntisti aumentando ancora i relativi costi.
La nuova delega fiscale non tocca i conti correnti, come si era ipotizzato settimane fa, con prelievi forzosi automatici né prevede alcuna nuova tassa da applicarvi, come invece accadrà per gli investimenti a lungo termine.
La novità della delega fiscale che interessa i conti correnti riguarda i pagamenti diretti di cartelle e multe. Stando, infatti, a quanto approvato, chi deciderà di dare il proprio consenso ad un addebito diretto sul proprio conto corrente per pagare cartelle e multe, imposte come Tari, o Imu, ecc, da parte di Enti locali, come Comuni e regioni, ma anche di Agenzia delle Entrate, Inps e altri entri, potrebbe avere uno sconto immediato fino al 30% sull'importo iniziale calcolato da pagare.
Se per i conti correnti nulla cambierà, ciò che dovrebbe cambiare è la tassazione sui prodotti finanziari di lungo termine, come Bot, Btp, azioni, obbligazioni, fondi e investimenti, revisione che era stata avviata già dall’ex premier Draghi ma poi bloccata.
L’ex premier Draghi aveva intenzione di introdurre due aliquote di tassazione sui redditi da capitale del 15% e del 26% o un'aliquota proporzionale unica al 23%. Al momento non c’è alcuna certezza di come effettivamente potrebbe essere rivista la tassazione sui prodotti di investimento, ma ciò che si sa è che la delega fiscale intende mantenere invariata la tassazione dei redditi derivanti da titoli di stato ed equiparati, per cui oggi vale l’aliquota agevolata al 12,5%.