La Commissione europea sta attuando una politica ferma riguardo al divieto di retrocessioni alle banche: una decisione che avrebbe un impatto significativo.
La posta in gioco è alta perché in ballo ci sono le commissioni sui fondi di investimento e le consulenze bancarie sugli investimenti che potrebbero diventare a pagamento. La spunta al cambiamento arriva dall'Unione europea che, come è facile immaginare, sta incontrando la resistenze della banche.
Malgrado un importante cambiamento nei modelli di business del settore, gli operatori ritengono che aumentare gli obblighi informativi sarebbe preferibile rispetto all'imporsi di un divieto. Nei prossimi mesi, la Commissione europea valuterà se sia opportuno rendere le proposte meno severe. Facciamo il punto della situazione:
I fondi di investimento hanno commissioni che vengono pagate dagli investitori. Parte di queste spese sono retrocesse alle banche che le ha vendute. L'Unione europea vuole adesso che sui fondi di investimenti delle banche non si paghino più le commissioni di retrocessione agli istituti di credito. In questo modo potrebbe trovare maggiore spazio gli Exchange Traded Funds (Etf), per cui gli investitori non pagano alcuna forma di commissione.
Come è stato fatto notare, agli investitori retail viene spesso consigliato di acquistare prodotti più costosi o che non sempre sono i più adatti alle loro esigenze. I prodotti a basso costo, come gli Etf, non vengono quasi mai consigliati. E questo ha un impatto sui rendimenti netti che i consumatori possono aspettarsi.
Le banche potranno però richiedere un corrispettivo per le consulenze ai clienti, nel quadro di una maggiore tutela degli investitori, per bilanciare la perdita delle entrate derivanti dalle commissioni. La partita è ancora aperta, anche perché le stesse banche si stanno opponendo a quella che è comunque considerato un cambiamento di portata storica.
In questo contesto, secondo i recenti dati pubblicati dall'Esma, il costo dei fondi Ucits (acronimo di Undertakings for the collective investment in transferable securities ovvero organismi d'investimento collettivo in valori mobiliari) in Europa è diminuito tra il 2017 e il 2021. In media, un investimento di 10.000 euro nel 2012 avrebbe raggiunto un valore di 18.500 euro nel 2021 mentre con l'inflazione considerata nello stesso periodo, il valore sarebbe stato di 16.500 euro. Proprio l'aumento dei prezzi potrebbe aver influenzato lo scenario nel 2022 e la recente presa di posizione dell'Europa.
Nonostante le forti proteste arrivate dal settore finanziario, l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati ha riportato una diminuzione dei costi dei fondi. Il prossimo focus del settore finanziario riguarderà molto probabilmente gli inducement, ovvero le commissioni retrocesse dai produttori di strumenti finanziari, come i fondi, ai distributori che forniscono anche consulenza, come le banche. La Commissione europea presenterà a breve la sua Retail Investment Strategy, nella quale verrà affrontata la questione.
Si prevede che le proposte sugli inducement saranno presentate ad aprile ma sembra che Bruxelles sia orientata a un divieto. Mairead McGuinness, Commissaria UE ai Servizi Finanziari, ha espresso la volontà di vietare gli inducement in risposta a un'interrogazione dell'europarlamentare tedesco Markus Ferber.
La possibile misura ha scatenato la reazione del Ministro tedesco delle Finanze, Christian Lindner, che si è mostrato molto preoccupato per il divieto che colpirebbe il sistema assicurativo. Anche le associazioni di categoria europee di banche, assicurazioni e fondi hanno criticato l'eventuale divieto degli incentivi.