Bottiglie acqua nei supermercati è allarme. La cause e già date prime sanzioni

di Chiara Compagnucci pubblicato il
Bottiglie acqua nei supermercati è allar

Sanzione di 1.500 euro

I giudici sono stati chiamati a pronunciarsi in seguito al ricorso del titolare di un negozio che aveva messo in vendita bottiglie di acqua minerale.

Allarme per le bottiglie di acqua, e non solo per l'acqua, nei supermercati e nei negozi in generale. Scattano i controlli e sono già state le prime sanzioni.

Quella che fino a poco tempo fa era una semplice regola basata sul buon senso, diventa adesso una precisa norma con tanto di multe nel caso del suo mancato rispetto. È vietato esporre al sole le bottiglie di plastica contenenti acqua e altre bevande destinate al consumo. Di mezzo c'è la salute e con questa non si scherza. Anzi, la soglia di punibilità è da considerare anticipata (non occorre dunque che un consumatore beva l'acqua andata a male, ma è sufficiente che abbia questa possibilità) considerata l'importanza della salute come bene protetto.

Sanzione di 1.500 euro

A mettere nero su bianco l'importo della multa per i commercianti che conservano sotto al sole più del dovuto l'acqua in contenitori di plastica destinata alla vendita è stata la Corte di Cassazione con una sentenza destinata a rappresentare un importante precedente. A detta dei giudici non ci sono giustificazioni nei confronti dei commercianti che mettono a rischio la salute dei consumatori perché nel trattamento degli alimenti deteriorabili occorrono tutte le accortezze necessarie. Pena la sanzione da 1.500 euro. Il concetto alla base di questa posizione è estremamente chiaro: la vendita di alimenti in cattivo stato di conservazione è un reato di pericolo presunto.

I togati sono stati chiamati a pronunciarsi su questa vicenda in seguito al ricorso del titolare di un negozio che aveva messo in vendita bottiglie di acqua minerale, esposte al pubblico nel piazzale davanti al negozio. Le sue argomentazioni non sono state ritenute convincenti da parte dei giudici della Corte di Cassazione che hanno rigettato il ricorso senza possibilità di fraintendimenti. La variabile chiave è naturalmente quella della tempistica perché va da sé che un'esposizione temporanea ovvero per il solo tempo del trasporto all'interno del negozio, in un luogo fresco e asciutto, non può che essere fisiologico. Ed è proprio su questo aspetto che la difesa del commerciante ha giocato le sue carte.

Violazione anche in assenza di un accertamento del danno

Nessun dubbio però per la Suprema Corte: nella sentenza 39037 precisa come la violazione si concretizzi anche in assenza di un accertamento del danno al bene tutelato. L'obiettivo, precisano i giudici, è che il prodotto arrivi sugli scaffali dei negozi dopo essere stato trattato nel rispetto delle garanzie igieniche ed è dunque sufficiente accertare che siano state commesse azioni idonee a determinare il pericolo di un danno o deterioramento dell'alimento per commettere il reato. E dunque essere chiamati al pagamento di un'ammenda pari a 1.500 euro.