Stesso prezzo, meno prodotto: il trucco del rincaro nascosto
A essere coinvolti sono soprattutto beni di largo consumo, come cioccolato, confetture, dolciumi, miele e zuccheri ovvero quei prodotti dal richiamo irresistibile.
L'Istat conferma questo piccolo trucco e chiede alle autorità preposte di intervenire. E tra l'altro i prodotti che rientrano sono quelli anche di maggiore diffusione.
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Sicuri di sapere fare bene la spesa? Sicuri di mettere nel carrello il prodotto giusto ovvero quello più conveniente nel rapporto tra qualità, quantità e prezzo? A quanto pare c'è una pratica diffusa che trae in inganno i consumatori, che lo accettano consapevolmente o a propria insaputa. In buona sostanza con lo stesso prezzo propongono quantità inferiori nelle confezioni del prodotto acquistato. Oppure la aumentano di poco (ma non in misura proporzionale), dando così ai compratori la convinzione di aver fatto un affare. Ma evidentemente le cose non stanno proprio così: a guadagnarci sono sempre le aziende e a perderci sono sempre i consumatori.
Il problema è estremamente serio per la semplice ragione che la pratica è molto diffusa e trova applicazione in una infinità di prodotti presenti nei supermercati, non strettamente legati al settore alimentare. Il costo relativo aumenta, i consumatori non ne hanno contezza e le grandi aziende sorridono. Si tratta di una vera e propria strategia applicata ovunque, anche in Italia. E a dimostrazione di come il campanello d'allarme sia suonato dappertutto, c'è chi ha coniato un termine ben preciso: shrikflation. Si tratta di una parola che non è null'altro che l'unione di shrinkage e inflation ovvero contrazione e inflazione nella lingua italiana.
A essere coinvolti sono soprattutto beni di largo consumo, come cioccolato, confetture, dolciumi, miele e zuccheri ovvero quei prodotti dal richiamo irresistibile. E non cambia molto con i dentifrici diminuiscono di qualche decimo la quantità nei tubetti o con i fazzoletti passano da 10 a 9 pezzi. Anche queste piccole modifiche hanno il loro peso per nulla trascurabile.
E guai a pensare che si tratta solo di pochi spiccioli perché alla fine dei giochi l'impatto è di tutto rispetto. Come spiega d'altronde Federico Polidoro, responsabile delle statistiche sui prezzi al consumo dell'Istituto nazionale di statistica. A suo dire i consumatori pensano che questa modifica abbia un impatto trascurabile sulla stima dell'inflazione generale ma rilevante per alcune classi di prodotti. E comunque l'Istat lo intercetta ed evita che influenzi la misura dell'inflazione. Tanto per avere un'idea più precisa di cosa si sta parlando, nell'arco di sei anni su circa 605.000 quotazioni rilevate, 1.405 hanno registrato un cambiamento di quantità, mantenendo però lo stesso prezzo finale di listino. Solo per il 17% dei bene in cui il peso è diminuito il costo.
C'è un'inchiesta molto interessante di Altroconsumo sui supermercati più convenienti per fare la spesa. La nota associazione indipendente e senza fini di lucro ha visitato 68 città italiane e ben mille punti vendita, ma ha soprattutto rilevato oltre un milione di prezzi alla scoperta del supermercato più conveniente d'Italia. Un lavoro certosino che ha fornito risultati sorprendenti su molti versanti così come conferme a quello che è il sentire comune. Alla fine dei giochi, il risparmio di spesa complessivo su base annua è di oltre 1.000 euro in base alla città in cui si vive e alla catena di Gdo ovvero Grande distribuzione organizzata (e non) scelta. Mica poco.
Il punto è che i prezzi cambiano da un negozio all'altro e la differenza per uno stesso articolo può essere considerevole. La meritoria indagine svela che i costi possono essere più salati del doppio. Di più: siccome la spesa cambia in base alla composizione della famiglia e alle possibilità economiche, basandosi sui dati di consumo dell'Istat, Altroconsumo ha anche calcolato quanto i tre profili analizzati - coppia, anziano solo o famiglia con figli - possono risparmiare cambiando tipo di spesa.
Ci sono due modi per leggere le classifiche. Da una parte c'è quella a livello territoriale ovvero si individua la propria città e si va alla ricerca del supermercato più economico. Tanto per fare un esempio, viene fuori che sia a Milano e sia a Roma, il punto vendita in cui conviene fare la spesa fa parte della catena Esselunga. Più precisamente, nel capoluogo lombardo, il risparmio massimo in città è pari a 1.021 euro con un ulteriore risparmio scegliendo i prodotti a marchio commerciale (1.990 euro) e il discount più economico (2.944 euro). Nella Capitale, il risparmio massimo in città è pari a 1.226 euro con un ulteriore risparmio scegliendo i prodotti a marchio commerciale (1.782 euro) e il discount più economico (2.736 euro).
In seconda battuta è possibile procedere con una lettura su larga scala ovvero capire qual è il supermercato meno caro su base nazionale. E in questo caso sono quattro le graduatorie elaborate da Altroconsumo, tutte pubblicate nell'ultimo numero del mensile e sul sito web. La prima riguarda i prodotti di marca ovvero è composta dai supermercati più conveniente se si è solit riempire il carrello di alimenti, detersivi, saponi che portano il marchio delle aziende leader di mercato. Il valore assegnato è stato pari a 100 alla catena più conveniente.
La seconda classifica fa riferimento ai supermercati più convenienti per chi fa la spesa basata su prodotti a marchio commerciale. Quasi tutti i supermercati, fa notare Altroconsumo, hanno una linea di prodotti marchiati con il logo della catena. Indice 100 va sempre al punto vendita più conveniente. Le classifiche, occorre rilevare, valgono anche se si fa la spesa con i prodotti che premiamo come miglior acquisto. Ecco allora:
Chi non bada al marchio e alla pubblicità, ma è interessato solo a fare le spesa più economica possibile, può consultare questa classifica elaborata da Altroconsumo. Trovano spazio i supermercati più convenienti per chi fa la spesa riempiendo il carrello solo con i prodotti dal prezzo più basso.
Infine, questa classifica è la sintesi delle altre tre classifiche e considera una spesa più realistica, fatta con prodotti di fascia alta (quelli di marca), di fascia media (a marchio commerciale) e di fascia bassa (i più economici). Come criterio di selezione, rileva Altroconsumo, l'insegna è stata presente almeno in una regione.
Come spiegano gli organizzatori, il successo passa dall'innovazione. E per partecipare all'edizione 2018 di Prodotto dell'anno è stato perciò necessario farne un buon uso in tutto i sensi. Da una parte si intende un prodotto completamente nuovo oppure una nuova formula o ricetta, un nuovo formato, un complemento di gamma, una diversificazione, un nuovo packaging, l'uso di una nuova tecnologia. E dall'altra deve essere qualcosa che stupisce ovvero che invoglia i consumatori all'acquisto e a dire che vale la pena farlo proprio e portarlo a casa. Naturalmente è più semplice a dirsi che a farsi, ma qualcuno ci è riuscit
Insomma, la parola chiave è novità ovvero tutto quello che si affaccia sul mercato non deve mai essere stato visto prima. In buona sostanza deve essere inedito. Tutti i prodotti che si propongono ai consumatori in una veste nuova, andando incontro alle loro esigenze. Dall'edizione dello scorso anno possono partecipare anche i nuovi servizi rivolti ai consumatori, come assicurativi, bancari e telefonici.
Eletto Prodotto dell'Anno è il Premio all'Innovazione è un riconoscimento che ha una particolarità ben precisa: è basato solo sul voto dei consumatori. Più nello specifico, i prodotti sono eletti da più di 12.000 utenti attraverso un ricerca di mercato sull'innovazione in Italia, lo strumento che permette alle aziende di conoscere l'opinione dei propri consumatori, aiutandole a rispondere alle loro esigenze. Innovazione e soddisfazione sono allora i criteri fondamentali per l'elezione di ogni prodotto o servizio. Il premio punta ad amplificare la visibilità attraverso l'uso del logo eletto Prodotto dell'Anno in comunicazione e sul punto vendita, assicurando forza e impatto a scaffale.